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La prima newsletter internazionale della Comunità Dzogchen, spedita dall’appartamento della famiglia Namkhai da Chögyal Namkhai Norbu e John Shane nel luglio del 1980 con grafiche create da Chögyal Namkhai Norbu usando il set per incidere il linoleum di suo figlio Yeshi di dieci anni.
John Shane
Testi e immagini John Shane
Nei primi anni di insegnamento, Chögyal Namkhai Norbu non amava andare nei centri del Dharma, così, quando la Comunità voleva fare un ritiro era necessario scegliere un luogo adatto. A volte si facevano i ritiri nelle tende, ma altre volte veniva affittato un hotel o un intero resort per tutta la durata del ritiro.
Nel 1980 si tenne un ritiro nell’elegante Grand Hotel Monte Faito, situato su un versante affacciato sulla baia di Napoli, con il Vesuvio visibile a distanza sull’altro lato della baia.
Quelli che partecipavano al ritiro prenotarono le loro stanze, i pasti venivano serviti nella sala da pranzo da camerieri in fresche giacche di lino bianco e gli insegnamenti venivano dati nella sala da ballo. C’era anche una discoteca nel seminterrato. Si trattava certamente di un luogo diverso rispetto a ogni altro ritiro a cui avessi mai partecipato con gli altri miei insegnanti buddhisti, dove tutto era in generale più austero.

John Shane durante il ritiro di Monte Faito
Durante il ritiro, mentre un pomeriggio con Norbu Rinpoche stavo guardando il giardino soleggiato, lui si girò e mi disse: “John, John…!! Vedi le dakini danzare…?!”
Quando gli chiesi dov’erano, lui rise e indicò in direzione dei grandi pini che ondeggiavano al vento dall’altra parte dei prati ben curati e disse: “Lì…!! Lì…!! Non le vedi…?!”
Continuò a ridere, mostrando grande sorpresa quando gli dissi che tutto ciò che vedevo erano degli alberi.
Era sempre divertito e gli piaceva scherzare con me e con gli altri studenti, perciò non so dire se stesse solo comparando il movimento degli alberi a delle dakini danzanti o se mi stesse dicendo che lì c’erano davvero delle dakini che avrei dovuto essere in grado di vedere se avessi avuto la chiarezza per vederle, ma l’intera conversazione fu molto a cuor leggero e dunque non mi sentii troppo idiota a non essere in grado di capire che cosa intendesse.
Poi però divenne improvvisamente serio e guardandomi dritto negli occhi disse: “Alla fine del ritiro perché non vieni a farmi visita per qualche giorno nel mio appartamento di Formia?”
Era l’ultima cosa che mi sarei aspettato e lo ringraziai profusamente, accettando l’invito. Dopodiché disse che dopo il ritiro mi avrebbe detto come arrivare a casa sua.
Quando alcuni giorni dopo arrivai in treno alla stazione di Formia, fui ancora più sorpreso di trovare Rinpoche stesso che mi aspettava con la sua auto, una vecchia Citroen DS.
Mentre mi scarrozzava per la città, Rinpoche mi disse che avrei dormito sul divano nel soggiorno dell’appartamento di famiglia e che lui stesso avrebbe cucinato una specialità tibetana per cena quella sera.
Non avevo idea del perché mi avesse invitato ma mi sentii molto onorato e tutta la famiglia Namkhai mi fece sentire davvero il benvenuto.
Invitato per un fine settimana, finii per rimanere lì sei mesi dormendo su quel divano nel soggiorno, e fu durante quel periodo che iniziai a lavorare con Rinpoche alla creazione del libro che divenne “Il cristallo e la via della luce: Sutra, Tantra e Dzogchen”, che molte persone considerano essere il primo libro ad aver introdotto gli insegnamenti Dzogchen a un ampio pubblico occidentale e che fu certamente il primo libro a introdurre al mondo la storia dei primi anni di vita e dell’educazione in Tibet di Norbu Rinpoche.
È importante ricordare che prima che Norbu Rinpoche iniziasse a insegnare, lo Dzogchen non era insegnato apertamente, in particolare agli occidentali, ed era invece tenuto riservato e segreto, e fu Norbu ad aprire le porte che diedero ampio accesso agli autentici insegnamenti Dzogchen nel mondo.
Dunque il primo libro dei suoi insegnamenti a essere pubblicato fu molto importante in questo senso. Non solo portò molti studenti a Rinpoche, ma fornì anche un esempio di come potessero essere presentati insegnamenti Dzogchen autentici, al di fuori del contesto delle istituzioni monastiche buddiste, a quelle che potremmo definire “persone ordinarie” in Occidente.
Mi interrogai in seguito se, considerato che Rinpoche sapeva già che ero in grado di scrivere e insegnare scrittura creativa, mi avesse invitato a fermarmi per il weekend in modo da aprire alla possibilità che decidessi di lavorare a un libro con lui, ma al tempo non ci fu mai nessuna indicazione che si trattasse di qualcosa che aveva in mente.
In ogni caso, qualunque fosse la sua intenzione nell’invitarmi a casa sua, il lavoro su “Il cristallo” iniziò mentre ero lì, ma come si scoprì ci vollero quattro anni di ascolto di decine di ore di registrazioni audio dei discorsi e di lettura delle trascrizioni di ogni insegnamento che aveva dato fino a quel momento, oltre alla continua riscrittura del manoscritto, più e più volte, prima che riuscissi a dare al libro la forma nella quale fu alla fine pubblicato.
L’intera storia di ciò che accadde quando venne scritto “Il Cristallo” dovrà attendere la prossima volta, ma un’altra pubblicazione che può essere considerata una prima volta fu lanciata mentre abitavo con Rinpoche e la sua famiglia nel loro appartamento di Formia: in assoluto la prima newsletter internazionale della Comunità Dzogchen, alla quale demmo il titolo di “Lettera aperta”, titolo accompagnato dalla lettera tibetana “A”, che rappresenta lo stato primordiale dello Dzogchen, che si potrebbe descrivere come uno stato di totale, completa apertura.
Ricordo che questa newsletter fu inviata in un periodo in cui internet non era ancora stata pensata e non c’erano telefoni cellulari o computer in ogni casa.
La comunicazione internazionale al tempo era possibile solo con la spedizione di lettere tramite le poste o usando telefoni fissi per costose telefonate.
Quando decidemmo che era giunto il momento di provare a mettere in contatto tra loro le persone della Comunità che stava iniziando a formarsi in tutto il mondo inviando una newsletter, ero seduto al tavolo da pranzo della famiglia Namkhai con Rinpoche mentre elaboravamo ciò che volevamo dicesse e poi io scrissi a mano quello che avevamo deciso.
Dopo di ciò Rinpoche andò a cercare un set per stampare su linoleum che apparteneva a suo figlio Yeshi e, usando un taglierino, intagliò accuratamente le illustrazioni per la newsletter in molti pezzi rettangolari di linoleum marrone, soffiando via delicatamente i piccoli trucioli di linoleum che il taglierino scavava via.
Poi, mentre Rosa, la moglie di Rinpoche, suo figlio Yeshi e sua figlia Yuchen e io guardavamo, Rinpoche spruzzò l’inchiostro nero fuori dal suo tubo di metallo argentato, stendendolo su una tavola di legno, e quindi fece scorrere il rullo sulla tavola per raccogliere l’inchiostro e, uno a uno, spalmò l’inchiostro sui rettangoli di linoleum sui quali aveva ritagliato le lettere e le immagini che aveva immaginato come illustrazioni per la newsletter.
Quando l’inchiostro fu completamente steso, dispose alcuni fogli di carta bianca e, di nuovo, uno per uno, lentamente pressò ciascun rettangolo di linoleum su uno dei fogli di carta.

Immagine tibetana con uno yogi in una grotta, uno yak, uccelli che volano sopra un tempio, uno stupa e fumo di ginepro che sale da un serkang. La scritta Tibet campeggia in alfabeto tibetano e occidentale.
Mentre Rinpoche sollevava con cautela ciascun rettangolo di linoleum dalla carta, la famiglia Namkhai e io applaudimmo ed esultammo, ridendo con gusto quando vedemmo la stampa delle immagini che aveva creato emergere nell’inchiostro nero che aveva chiaramente pressato sulla carta bianca.
Dopo che l’inchiostro fu completamente asciutto, mettemmo insieme le pagine della newsletter e il giorno successivo, mentre Yeshi e Yuchen erano a scuola, Rinpoche e io camminammo per la cittadina fino al negozio di fotocopie dove facemmo diverse decine di copie della “Lettera aperta” da inviare via posta ai membri della comunità di tutto il mondo in buste sulle quali scrivemmo laboriosamente i nomi e gli indirizzi dei membri della comunità.
Come si evince dalla formulazione del contenuto della “Lettera aperta”, al tempo Rinpoche non era a favore della formazione di centri o della creazione di una organizzazione.
In effetti, capitava spesso che dicesse che un’organizzazione era l’opposto degli insegnamenti, e questa sua visione non è solo riflessa nel testo della “Lettera aperta”, ma anche più chiaramente in altri documenti rimasti di quel periodo, come le brochure che venivano preparate e che circolavano per annunciare i ritiri in programma, copie delle quali io stesso conservo nel mio archivio.
A parte permettere un piccolo numero di queste brochure stampate, Rinpoche in quei giorni non ammetteva pubblicità di alcun tipo per i suoi insegnamenti o ritiri, dicendo che la pubblicità condizionava le persone e che gli insegnamenti Dzogchen esistono per liberare la gente da tutti i condizionamenti.
Diceva che le persone devono avere una causa profonda, non una causa superficiale creata dalla pubblicità, per venire a contatto con gli insegnamenti.
Era anche solito dire che il punto degli insegnamenti era di aiutare ad andare oltre i propri limiti.
“La consapevolezza è l’unica regola dello Dzogchen”, diceva. “Dovete uscire da tutte le gabbie con le quali la società vi ha imprigionato e nelle quali avete rinchiuso voi stessi”.
Il suo scopo era quello di insegnare l’essenza degli insegnamenti Dzogchen, l’essenza del Dharma tibetano, e l’idea libera da forma e priva di struttura di come la Comunità avrebbe dovuto essere in quel periodo era in armonia con quello scopo.
Più tardi, naturalmente, come aveva sempre detto avrebbe fatto, lavorò con le circostanze per adattarsi alle diverse condizioni che sorsero quando la Comunità si sviluppò e crebbe dopo che i suoi libri e i suoi viaggi ininterrotti intorno al mondo per dare insegnamenti iniziarono ad attrarre sempre più studenti.
Ma a me sembra chiaro che non volle permettere che si formasse alcuna struttura o organizzazione intorno a lui o qualsiasi centro formato dalla sua Comunità fino a quando non fu sicuro di avere abbastanza studenti che avevano pienamente compreso che tutti quegli aspetti materiali che possono contornare gli insegnamenti stessi – la struttura, l’organizzazione e i centri – non sono le cose principali.
Fu solo alcuni anni dopo l’uscita della “Lettera aperta”, solo dopo che Rinpoche chiarì con i suoi studenti che gli insegnamenti essenzialmente non sono relativi a struttura e centri, che iniziò a considerare di fondare un centro.
E anche allora, è significativo il fatto che usò il nome “Gar” per definire i suoi centri, essendo “Gar”, naturalmente, il termine tibetano per un accampamento temporaneo di nomadi piuttosto che un posto fisso permanente.
La scelta di questo nome intendeva ricordare a ciascuno ciò che diceva così spesso nei giorni in cui non avrebbe insegnato in centri di altri gruppi del Dharma o permesso ad alcun centro di essere fondato a suo nome:
“Il vero centro è l’individuo”, diceva “ma non interpretate queste parole in modo egocentrico. Ciò che intendo è che, nello Dzogchen, il proprio stato individuale primordiale è il vero centro, il vero centro dell’universo. Tutto il resto si manifesta da quel centro come il gioco dell’energia dello stato primordiale”.
Scriverò altre storie dei miei viaggi e del lavoro con Rinpoche, e spero che “The Mirror”, che ho contribuito a fondare, potrà pubblicarne qualcuna.
Ma ho molte storie da raccontare e, con l’avanzare dell’età, mi resta meno tempo di una volta per raccontarle. Perciò sto pensando di far rivivere la “Lettera aperta” come un luogo online in cui pubblicare le mie storie e pubblicare i podcast per coloro che si iscrivono per leggerle o ascoltarle. Guardate questo spazio…!”, come dice il proverbio….
John Shane è un poeta, autore, musicista e insegnante di scrittura creativa. Durante gli anni in cui Norbu Rinpoche insegnava in italiano, lui spesso traduceva gli insegnamenti di Rinpoche in inglese a molti ritiri in Italia e nel mondo. John lavorò anche per 4 anni con Chògyal Namkhai Norbu scrivendo per lui “Il Cristallo e la via della Luce: Sutra, Tanta e Dzogchen” ed ha tradotto dall’italiano all’inglese numerosi altri suoi libri incluso ‘Dzogchen: Lo stato di Autoperfezione’. John è stato inoltre un editore fondatore del giornale ‘The Mirror’ . Oggi divide il suo tempo tra il lavoro nel suo studio in Inghilterra, dove risiede con la sua famiglia, e i ritiri personali nella sua casa di campagna in Toscana vicino Merigar.
Ai tempi precedenti internet, computer e cellulari, molto prima ancora che Merigar fosse pensata, quando Rinpoche era a casa sua, riceveva telefonate quasi tutti giorni da ogni parte del mondo da un telefono di bachelite beige della Telecom Italia affisso al muro del salotto della famiglia Namkhai con un lungo cavo nero arricciato.
Quando il telefono squillava e Rinpoche rispondeva, si trovava a parlare con qualcuno che aveva appena ricevuto una diagnosi di una malattia seria, aveva avuto un incidente oppure voleva parlare di qualcun altro -una persona cara- coinvolto in qualche sofferenza fisica o mentale di qualche specie.
Sentendo Rinpoche rispondere a queste frequenti chiamate in richiesta del suo aiuto e ascoltando i suggerimenti che lui offriva, realizzai per la prima volta quale fosse il peso della sua responsabilità dovuta al fatto di avere accettato il ruolo di guida spirituale per tante persone.
Io naturalmente non avevo le stesse responsabilità di Rinpoche ma, mentre vivevo con la famiglia Namkhai a Formia, ricevetti una lettera da un amico alla guida di un gruppo buddhista in Inghilterra che soffriva di una malattia seria. Ispirato dall’esempio della compassione di Rinpoche nel rispondere alle persone che lo chiamavamo, in risposta alla lettera del mio amico scrissi questo poema.
Per Mala Young
a Dharma sister dying of cancer
15 maggio 1980, Formia.
(Written at the private apartment of the Dzogchen Master Chögyal Namkhai Norbu, whilst staying there as a guest.)John Shane
Bodies are failing things, Mala,
always overcome by time,
and yet body, form and matter
are but grosser forms of mind.Freedom is hard fought for
and hard won.
The truth is often bitter,
answers often paradoxes,
questions seldom one.Surrendering seems easy
as long as we can
hold a little something back;
the body is a vehicle,
yet when it gets weak,
our fear makes our vision black.Death and darkness
are not easy things to face.
Each stands alone,
in this there’s nothing new.
Yet each, alone, is also
fully part of all around;
Mala, none of this
is news to you.Searching for
an independent self,
none can be found;
all is impermanent,
all interpenetrating;
mind is essentially free
only our conditioning
ties us down,
preventing us from being
all that we could be.But these are only words,
each one of them a liar,
these are only words
and your pain is like a fire.Yes, it burns, but its burning
is like a purifying flame.
There is no need for
any sense of guilt,
there is no blame.Your cancer is not
a cause for shame.Fire, needing
darkness
to show light,
flows upwards
in the river
of the night.Brave sister,
proud lioness,
defender of the dharma,
in the dancing dream of life
your song is singing true
even though, at times,
your sickness
may seem to be undoing you.Unfolding itself and
folding itself
at the same time,
in-breath and out-breath,
weaves the way,
between life and death.We’re always afraid of
the unknown somehow
but there’s nowhere to go, Mala,
because it’s always
here and now;and I wanted to send you my love
and sympathy of angels
and, of course, words won’t do,
but words are all I have to send,
and so I send them to you.