Monica Gentile
Come istruttrice di Santi Maha Sangha, mi sono sempre interessata al lavoro di comunicazione e dialogo fra chi come me ha fatto esperienza con il nostro maestro e chi non ne ha avuto l’occasione o ha fatto esperienze differenti. Così ho spesso unito le mie forze a quelle dei molti istruttori della Comunità Dzogchen impegnati a comunicare quei preziosi insegnamenti che Chögyal Namkhai Norbu ha indicato come essenziali per lo sviluppo umano e condivisibili con chiunque, a prescindere da qualsiasi identificazione religiosa, a prescindere anche dall’essere impegnati o meno in una via spirituale. Il maestro infatti nei suoi impegni pubblici ha sempre sottolineato come l’insegnamento può diventare una base per una evoluzione dell’individuo che sola può portare pace. Ha chiarito che un percorso di pace non può essere fondato solo su analisi storiche, sociali o politiche e su enunciati universali, certo giusti ma che rimangono in larghissima parte inefficaci, ma sul comprendere direttamente il funzionamento della propria mente. La comprensione della propria mente attraverso lo sviluppo della presenza e della consapevolezza è quindi il più centrale di questi insegnamenti. Questo è un tema particolarmente rilevante oggi per coloro che si rendono conto di quante auto-limitazioni la mente produce, di quanti conflitti e sofferenza sorgono a causa di giudizi e pregiudizi. La mente divide, sempre: me, le mie idee e convinzioni, il mio interesse da una parte – la parte corretta – e tutti gli altri dall’altra parte, la parte sbagliata o che mi è indifferente. I metodi insegnati da Chögyal Namkhai Norbu per lo sviluppo di presenza e consapevolezza hanno una grande profondità e ricchezza dovuta all’unicità del loro approccio olistico all’individuo. L’individuo è infatti compreso come un complesso organismo frutto di interazione fra il corpo materiale, la voce od energia che lo abita e lo muove, e la mente che lo dirige. Le varie discipline sviluppate nella Comunità Dzogchen– meditazione, yantra yoga, danza del vajra e khaita – lavorano ognuna maggiormente attraverso uno di questi tre aspetti e questo approccio integrato permette di lavorare su se stessi in modo completo, affrontando non solo l’osservazione e il lavoro con la mente ma anche con il corpo e l’energia vitale. Per questa ragione, a mio avviso, i corsi che combinano queste diverse discipline sono molto efficaci: uno studente può sperimentare diversi approcci che lo arricchiscono e trovare sempre la ‘sua’ porta di accesso per la comprensione, in un modo che si addice maggiormente alle sue capacità e bisogni. Questa flessibilità e apertura sono fondamentali per permettere a ogni individuo di trovare il proprio percorso di crescita e sviluppo. Con altri insegnanti della Comunità ho partecipato e anche contribuito ad organizzare diversi corsi pubblici di questo tipo. L’ultima di queste iniziative è stata una preziosa collaborazione fra alcune insegnanti del “Ling dell’Oceano” di Venezia, me appunto e Adriana Dal Borgo, insegnante internazionale di Khaita e Danza del Vajra, la Fondazione Atiyoga e le Pubblicazioni Shang Shung. Abbiamo insieme deciso di organizzare prima la presentazione pubblica del libro “Aprire la Mente”, seguita da un seminario sulla Presenza e Consapevolezza coltivata attraverso la meditazione ‘da seduti’ e ‘in movimento’. Il libro “Aprire la mente” che è uscito oltre un anno fa, raccoglie alcune delle conferenze pubbliche di Chögyal Namkhai Norbu ed è concepito come una presentazione degli insegnamenti Dzogchen al pubblico. Esso introduce molti degli argomenti centrali dell’insegnamento in modo semplice ed essenziale. Inoltre contiene una presentazione della figura di Chögyal Namkhai Norbu, professore universitario, studioso e maestro spirituale, e anche della Comunità Dzogchen Internazionale, con il suo vasto network mondiale.

Monica Gentile e Adriana Dal Borgo con i partecipanti al Workshop esperienziale di Venezia a maggio.
Nel giorno del Vesak 2024, la luna piena di maggio, quando si celebrano gli eventi più importanti della vita del Buddha, ci siamo trovati nella saletta di una delle molte ‘scuolette’ di Venezia, associazioni che nell’antica Repubblica raccoglievano gli artigiani di diversi mestieri, per presentare il libro. Abbiamo deciso di impostare la presentazione come un dialogo fra me, che ho curato l’edizione del libro, e la conduttrice, Maria Grazia Florido, praticante della comunità Dzogchen ed esperta in comunicazione, per creare una presentazione più vivace e interattiva. Il dialogo infatti ha poi coinvolto anche il pubblico, con domande e risposte e anche osservazioni da parte di alcuni dei presenti.
Ci ha piacevolmente sorpreso l’affluenza di pubblico: in questo periodo storico in cui sono molteplici le offerte riguardanti la meditazione, non è poi così facile farsi notare. Moltissimi hanno anche acquistato il libro. Gli insegnamenti contenuti nel libro possono stimolare un interesse, ma è solo l’applicazione pratica dei metodi collegati ad essi che può condurre ad una reale evoluzione dell’individuo. Così, assieme ad Adriana Dal Borgo, abbiamo condotto gli iscritti al seminario alla comprensione di cosa è la presenza,
smriti in sanscrito e
drenpa in tibetano, un termine che viene spesso tradotto anche con mindfulness, pienezza mentale e che il nostro maestro chiamava a volte ‘presenza ordinaria’, per distinguerla dalla presenza istantanea che è al di là del lavorio della mente.
Abbiamo riflettuto su quali sono i benefici dell’essere presenti e insieme ai partecipanti abbiamo sperimentato come questa presenza sia di fatto indebolita dal continuo e automatico scivolamento nella distrazione.
Poi ci siamo dedicati alla pratica di Shine o Shamatha del ‘calmare la mente’ attraverso il metodo della ‘fissazione con oggetto’ come viene insegnata specificatamente nell’insegnamento dzogchen, in cui essa viene applicata come un primo stadio o approccio alla pratica della contemplazione. Esistono nel Buddhismo e anche in altre tradizioni molte pratiche in cui l’attenzione viene posta su un ‘oggetto’ in modo da mantenere ancorata la presenza e sviluppare uno stato calmo. La meditazione incentrata sul respiro è forse la più conosciuta di queste. Nello dzogchen invece è la fissazione con oggetto il metodo attraverso cui impariamo a calmare la mente e governarla. Infatti, quando attraverso questa pratica si diventa capaci di concentrarsi su un oggetto con una certa focalizzata attenzione – vigile e nello stesso tempo rilassata – i pensieri automaticamente, cioè senza esercitare alcun sforzo volontario, si bloccano o perlomeno rallentano. Allora, nello stato calmo che si è venuto a creare, c’è la possibilità di accorgersi di quando i pensieri subito dopo riprendono. Notare i propri pensieri in questo modo rappresenta un primo passo per allentare la tirannia della mente nella nostra vita. Quando li notiamo vuol dire che non siamo più immersi nel flusso di eventi mentali in modo inconsapevole, ma ne siamo piuttosto testimoni. Quando impariamo a mantenere una osservazione costante a questo lavorio mentale in tempo reale, sorge naturalmente la capacità di non reagire passivamente e inconsapevolmente a tutti questi contenuti. Un esempio classico per illustrare questo concetto è la differenza tra l’essere immersi in un torrente impetuoso e invece osservarlo una volta usciti da esso. La presenza è come un osservatore neutrale, non travolto dalla corrente: attraverso di essa impariamo a non reagire automaticamente ai contenuti della mente, comprese le emozioni, come siamo soliti fare. In questo modo iniziamo ad affrancarci dal flusso incessante di pensieri che dominano la nostra mente. Grazie a questa comprensione diretta, possiamo sviluppare gradualmente, anche nella vita quotidiana, la capacità di essere costantemente presenti alla condizione della mente, del corpo e dell’energia del respiro. Questa presenza consapevole può essere mantenuta infatti in ogni circostanza, non è necessario essere seduti in meditazione formale. Ci alleniamo a svolgere tutte le nostre attività quotidiane in uno stato di piena presenza mentale che ci evita di scivolare automaticamente nella distrazione, o perlomeno ci aiuta a riconoscere immediatamente quando siamo distratti. I benefici che risultano quando si pratica la presenza in modo fluido e rilassato sono moltissimi e sono stati questi benefici ad interessare anche l’occidente allo studio scientifico della meditazione.
Durante il corso, per facilitare l’applicazione della presenza nella vita quotidiana, in cui siamo perlopiù in movimento, abbiamo affiancato alla pratica sedentaria la pratica del movimento consapevole della Danza del Vajra. Cioè abbiamo alternato il metodo della fissazione con oggetto, in cui si pratica da seduti e assumendo la posizione ‘controllata’ delle sette qualificazioni di Vairochana, alla presenza applicata al movimento attraverso la Danza del Vajra. Dopo aver brevemente introdotto le caratteristiche e lo scopo di questo metodo, Adriana Dal Borgo ha invitato gli studenti a cantare insieme il mantra dei 6 Spazi, facendo attenzione al ritmo e alla melodia. Ha poi insegnato lo
“tshom”, un passo chiave nella Danza del Vajra, guidando il gruppo alla scoperta di movimenti armoniosi sulle note della musica. Questo modo di applicare la presenza al movimento aiuta ad estendere la presenza ad ogni movimento che compiamo nella vita quotidiana, permettendo di vivere con più pienezza e consapevolezza.
Si è anche discusso di come il mantenimento costante della presenza alimenta la consapevolezza nel comportamento, cioè diventa la base per comprendere di volta in volta cosa è appropriato applicare nelle circostanze in cui viviamo. Questo è un altro pilastro fondamentale dell’insegnamento dzogchen. In questa epoca storica, assistiamo a profondi conflitti tra persone e popoli, dovuti all’incontro e allo scontro tra diverse culture e modi di vedere, che spesso sfociano in violenza. La luce chiara della presenza ci permette di sviluppare una consapevolezza della natura della realtà così come è: di comprendere veramente, non solo a livello intellettuale, che tutto è relativo, impermanente e i nostri giudizi spesso ingannevoli e distorti. Comprendiamo questo nella nostra vita, attraverso ciò che ci accade, semplicemente osservando. Quando questa consapevolezza è viva, lo sforzo continuo di accettare o rifiutare perde la sua base e si dissolve spontaneamente, come le nuvole che si disperdono nel cielo ventoso di primavera e ci si comporta in un modo più spontaneo e naturale, al contempo responsabile. L’esperienza condivisa in questi eventi ha mostrato ancora una volta come gli insegnamenti sulla presenza e consapevolezza di Chögyal Namkhai Norbu possano essere resi accessibili e rilevanti per tutti. Attraverso una combinazione di pratica sedentaria e movimento, siamo riusciti a trasmettere l’importanza della presenza e della consapevolezza in modo pratico e applicabile alla vita quotidiana. Il nostro desiderio è che questo approccio integrato e flessibile continui a dimostrare la sua efficacia nel promuovere una reale evoluzione dell’individuo. Al contempo bisogna ricordare che lo sviluppo della presenza ordinaria è una base molto importante per chi vuole accedere ad una comprensione ancora più profonda, quella della nostra natura più essenziale e completamente al di là dei processi mentali, come viene spiegata nell’insegnamento dzogchen. In esso vi sono molti metodi, più o meno diretti, per arrivare alla condizione in cui questa nostra natura essenziale – la totale perfezione – arriva a manifestarsi in modo completo e irreversibile. Ma lo sviluppo della presenza ordinaria e in particolare il metodo che inizia proprio dalla fissazione con oggetto e procede attraverso le 4 contemplazioni è uno dei modi importantissimi che Chögyal Namkhai Norbu ci ha messo a disposizione nella ‘serie della mente’, il Semde, per accedere allo stato della contemplazione in cui la presenza istantanea o
rigpa si manifesta completamente.
Monica Gentile, allieva di lunga data di Chögyal Namkhai Norbu, è diventata istruttrice Santi Maha Sangha nel 2016. Recentemente ha collaborato anche con il dipartimento di meditazione della Fondazione Atiyoga, con le pubblicazioni Shang Shung e con il Gakyil internazionale. Conduce corsi pubblici e comunitari.