Adriano Clemente, uno dei primi studenti di Chögyal Namkhai Norbu è il principale traduttore dei “lavori completi di Chögyal Namkhai Norbu” e responsabile della traduzione del ciclo del Longsal degli insegnamenti di Rinpoche. Dopo aver condotto la Ganapuja a Merigar, l’11 agosto 2020, ha tenuto un breve discorso ai presenti e in webcast.
Quando diciamo di essere praticanti Dzogchen, come diceva Rinpoche è molto importante applicare nella nostra condizione tutto quello che abbiamo appreso. Questo riguarda non solo l’isegnamento Dzogchen, la via dell’auto liberazione. Ma quando Rinpoche ha iniziato a insegnare ha sempre detto di osservare la propria condizione. È questo la porta per entrare nell’insegnamento Dzogchen e significa che dobbiamo riconoscere quanto siamo limitati nella nostra condizione di corpo, voce e mente; che tutto quello che cerchiamo di fare è sempre condizionato dalle nostre abitudini e tracce karmiche. Questa è la radice di tutti i problemi e anche il motivo per cui a volte non riusciamo a progredire nella nostra pratica.
Forse ricorderete come molto spesso Rinpoche dicesse, specialmente a quegli studenti che come me lo seguivano da venti o trent’anni, che eravamo diventati un po’ come gli shravakas. Nell’Hinayana ‘shravaka’ significa ‘ascoltare’ ma ovviamente non significa ascoltare e non praticare. Questo non può essere. La radice del significato di questa parola deriva dal fatto che i discepoli erano sempre intorno al Buddha, ascoltandolo e ricevendo tutto il tempo i suoi insegnamenti. Ed è questo che alcuni di noi ha fatto per quaranta, trenta, venti, dieci anni o uno solo, dipende da ciascuno. Siamo tutti diversi. Ma il tempo di essere shravaka è storia, è finito.
Ora ci troviamo in una situazione diversa e dobbiamo essere pienamente responsabili per noi stessi. Dopo la morte di Rinpoche alcuni erano molto tristi o sotto shock domandandosi chi sarebbe stato il suo successore. E questa idea non va bene sin dall’inizio. Se abbiamo un’impresa o un’organizzazione mondiale allora c’è bisogno di un successore, qualcuno che si occupi dell’azienda altrimenti non funziona più. In Tibet funziona così e i monasteri hanno bisogno di successori altrimenti l’economia dei monasteri crolla. È così anche qui per la Comunità, qualcuno dice che i soci si sono dimezzati rispetto all’anno scorso e ne sono sorti molti problemi. Dobbiamo pensarci bene. È questo il punto principale, la ragione per cui seguiamo l’insegnamento Dzogchen? Non lo è. L’insegnemento Dzogchen significa che ognuno di noi può essere il successore di Rinpoche se applica e realizza il suo insegnamento, come molti semi in un campo, così come Rinpoche ha fatto con centinaia di persone al mondo. Poi dipende dalle cause secondarie, dal tempo, dall’acqua, da questo genere di cose. Ognuno di noi segue il proprio sentiero ma andiamo tutti nella stessa direzione.
Penso sia molto importante che tutta la Comunità rimanga unita, che cerchiamo sempre di essere presenti e consapevoli della nostra situazione. Nel Vajrayana si dice che quando riceviamo un potenziamento diventa come un serpente che entra in un tubo (entrando da una o dall’altra estremità, cioé liberazione e stati inferiori). Perché? Perche in generale dopo aver ricevuto l’iniziazione Vajrayana dobbiamo seguire tutti i samaya, i nostri impegni, a costo della nostra vita. Questo vale anche per noi – abbiamo un samaya importante, essere presenti e consapevoli. In generale nello Dzogchen su un piano intellettuale abbiamo quattro samaya. I quattro samaya significano continuare nello stato della presenza istantanea. Questo è il samaya principale ma se non siamo consapevoli almeno cerchiamo di essere presenti. Questo lo possiamo fare tutti. Se siamo presenti perché siamo consapevoli della situazione allora è impossibile non sapere se facciamo qualcosa di sbagliato.
Nello Dzogchen parliamo di auto liberazione. Per esempio l’invocazione di Samantabhadra spiega la base, la via e il frutto di ciascuno dei Sei Loka e la via è sempre spiegata come auto liberazione. Questo significa aver allenato molto la nostra mente. Forse se abbiamo capacità inferiori dobbiamo iniziare con la fissazione, con lo shine (zhi gnas), per poi lentamente acquisire sufficiente capacità. Se per esempio sorge l’ira – qualcuno mi provoca, diciamo che sono il marito e che mia moglie mi provoca – mi arrabbio e le rispondo e litigo con lei. Se l’ira è già presente non è possibile in quel momento auto liberarsi. L’auto liberazione avviene prima che sorga l’ira come emozione. Dobbiamo lavorare sulla radice di quell’energia che si può manifestare come rabbia e questo non è affatto facile. Per questo la liberazione è spiegata in diversi livelli chiamati Cherdrol, Shardrol, Rangdrol, e non sono affatto facili. Quindi se non siamo al livello dell’auto liberazione è estremamente importante lavorare al livello più facile per noi. Così, per esempio, se mia moglie mi provoca, sono presente in quel momento a quello che succede, anche se l’ira un po’ sorge la controllo pensando che se ora mi arrabbio finirei per risponderle con male parole, litigherei e il risultato sarebbe negativo. Sarebbe inutile.
A volte persino praticanti che sono anche sposati litigano tra loro e in questo modo si distruggono. Questo non vale solo tra moglie e marito ma anche con i figli, le figlie, per qualunque relazione che abbiamo in generale ma soprattutto per le relazioni tra fratelli e sorelle del Vajra. È molto importante mantenere sempre la presenza e consapevolezza. Ovviamente questo non significa che se ci arrabbiamo e litighiamo dobbiamo sentirci in colpa per il resto della nostra vita. Possiamo chiarire le cose e ovviamente dobbiamo mettere da parte il nostro grosso ego, il nostro grosso orgoglio. Questo è possibile perché l’orgoglio non porta alcun beneficio e crea solo problemi. Consideriamo la rabbia e tutte le altre emozioni come qualcosa con cui identifichiamo noi stessi, e questo ‘sè’ è solo questo insieme di cinque emozioni. Ma noi non siamo questo insieme di emozioni.
Quando facciamo la Ganapuja diciamo “Om A Hum, A La La Ho” e prima diciamo “Samaya Shudde A”. Cosa significa “Samaya Shudde A” ? Non significa che ora siamo purificati, che in quel momento il samaya è purificato perché sono pentito e mi dispiace e non serve altro. Questo non è il modo Dzogchen. Questa confessione che facciamo, questa purificazione, avviene nel riconoscere il nostro stato originario, la nostra vera nattura. Equivale a dire che sogniamo e ora ci svegliamo, siamo in questa condizione, siamo svegli. Per questo è purificato perché tutto è puro in questa condizione.
Non posso dare consigli agli altri ma se qualcuno mi chiede di dire qualcosa posso dire come mi sento da quando RInpoche non c’è più, di come ho lavorato su me stesso e su cosa sia più importante. Gli istruttori che hanno l’impegno della Base del Santi Maha Sangha ma anche i praticanti devono essere da esempio per gli altri. Non significa che ne sanno più degli altri, che hanno letto più libri degli altri e che le persone convinte che gli istruttori ne sappiano talmente tanto da voler imparare da loro. Questo non ha alcun valore. Oppure [le persone cercano di somigliare a] qualcuno che pronuncia [la pratica bene] o che sa cantare bene. Queste sono cose relative. Ma quando vediamo come una persona tratta gli altri, come si comporta, se è paziente, se non si arrabbia, come parla alle persone, allora possiamo desiderare essere come lei/lui. Come sono riusciti a diventare brave persone? Voglio diventare come loro. Questa è una buona motivazione.
Ecco qua. Se avete delle domante abbiamo ancora alcuni minuti. Altrimenti va bene così.




