Mi chiamo Nélida (Neli) Saporiti e vivo a Buenos Aires, in Argentina. La musica e il canto hanno sempre occupato una parte centrale della mia vita sin dall’infanzia. Uno dei miei primi ricordi è quello di mia madre che mi mette in mano una caja, uno strumento musicale autoctono dell’Argentina nordoccidentale, con il quale si usava accompagnare le coplas (canzoni di quattro versi di otto sillabe), un tempo in quechua e poi in spagnolo, con le quali tradizionalmente si esprimevano sentimenti di gioia o di dolore. In quello stesso periodo avevo anche iniziato a imparare danze popolari.
Eravamo soliti cantare con mia madre, le zie, gli zii e gli amici che venivano in visita, condividendo il cibo e la musica. Mia madre seguiva la tradizione dei
payadores, improvvisatori spontanei di versi che erano molto abili nelle competizioni di musica e poesia su argomenti vari.
Negli anni scoprii che mia madre era stata una rinomata danzatrice e cantante di tango. Con sua sorella aveva formato un duo molto famoso. Mia madre poi si era dedicata alla vita di famiglia, mentre
mia zia aveva continuato come solista, diventando una delle più famose cantanti popolari dell’Argentina. Le loro calde e potenti voci, in un’epoca in cui le donne cantanti non erano molto ben viste nella società, e il modo in cui esprimevano i loro sentimenti lasciarono un segno profondo nella mia anima.
Durante la mia infanzia e poi nell’adolescenza studiai pianoforte e teoria musicale al Conservatorio, senza abbandonare il canto. Poi andai in una scuola cattolica e a dodici anni la mia insegnante – una giovane suora – scoprì che ero intonata e che avevo una “bella voce”. Da allora in poi, divenni la cantante principale nelle cerimonie scolastiche, come una specie di direttrice del coro istintiva. Dei miei anni di educazione cattolica ricordo le ore passate nella solitudine della bella cappella della scuola, perché mi avevano detto che se fossi stata lì in silenzio avrei udito le voci degli angeli. Devo aver sentito qualche cosa nel cuore, perché credo che quelle fossero le mie prime meditazioni. Inoltre avevo anche imparato il canto gregoriano mentre una anziana suora suonava il magnifico organo della cappella. In seguito ho continuato cantando in diversi gruppi vocali i fra cui l’Estudio Coral de Buenos Aires, considerato uno dei migliori gruppi vocali dell’Argentina.
Dopo una lunga pausa che mi ero presa per completare i miei studi universitari in psicologia e formare una mia famiglia, ripresi l’attività musicale. Feci molti concerti come solista, nei quali mi piaceva cantare a “cappella” e accostare compositori diversi, da Monteverdi a Ravel, Schönberg, Ives o Cage, Gershwin, Piazzolla e qualche pezzo di musica popolare. Ho cantato in teatri, sale da concerto e festival sia in patria che all’estero. Alternavo questi concerti con la partecipazione a gruppi vocali jazz o soul, in complessi rock e al coro.
Dopo qualche anno, mi era diventato molto difficile continuare con una tale quantità di generi, stili, programmi e impegni. In quel periodo così intenso mi sentivo sopraffatta, avevo bisogno di trovare un punto fermo in mezzo a tutto quel subbuglio. Andai negli Stati Uniti e seguii gli insegnamenti di diversi maestri. Quando tornai in Argentina ero un po’ triste, perché non avevo trovato quello che cercavo, un
qualche cosa che non riuscivo a definire.
In seguito, quando incontrai Chögyal Namkhai Norbu in occasione della sua prima visita nel mio paese, l’impatto dei suoi insegnanti impose un cambiamento inequivocabile nella mia vita. Il mio cuore batteva forte, sentivo le lacrime scorrere sulla guance ma, nello stesso tempo, provavo un’immensa gioia come se stessi tornando a casa dopo un lungo viaggio.
Con Rinpoche tutti i miei dubbi precedenti si dissolsero. Ricordo che allora si facevano diverse sessioni di insegnamento durante il giorno e si finiva alla sera con le belle melodie della pratica del Chöd. Pian piano la mia vita iniziò a diventare più semplice, imparai a vivere in modo più rilassato e a impegnarmi nella Comunità Dzogchen. Lasciai il coro, il gruppo vocale soul e il complesso rock e me andai in India e Nepal con altri praticanti, per un ritiro a Katmandu con il nostro Maestro. Dopo continuai a viaggiare, andai a Dharamsala in visita dal Dalai Lama (che avevo incontrato in Argentina). Il viaggio terminò con un mio lungo soggiorno al monastero di Tashi Jong, assieme a mia figlia che era arrivata qualche settimana prima con un gruppo organizzato da Gerardo Abboud. Quello fu il mio primo ritiro di pratica e ricordo i canti dei monaci che provenivano dal monastero, con i loro tamburi che facevano vibrare l’aria.
Quando tornai in Argentina mi sentivo abbastanza confusa. Si era aperto qualche cosa dentro di me e di nuovo non trovavo il modo di inserirlo nella mia vita quotidiana. In quel periodo iniziai a fare esperimenti con la mia voce e cominciai a insegnare canto e tecniche per estendere la voce, sia privatamente che in scuole universitarie o di teatro. Presi parte ad alcuni concerti ma molto meno di prima. Così passai diversi anni in questo modo, alternando musica e insegnamento con molti viaggi con il nostro Maestro per imparare la
Danza del Vajra e seguirne corsi per istruttori. Avevo sentito subito una grande affinità con la Danza, che ci aveva insegnato il Maestro stesso durante il primo ritiro a Tashigar Sud, alla fine del 1990. L’integrazione di suono, movimento e contemplazione, condividendo il mandala con altri praticanti, rendeva tutto calmo e radioso nello stesso tempo.
In seguito, alcuni eventi cambiarono di nuovo la direzione della mia carriera artistica. In uno dei miei molti viaggi avevo deciso di seguire un seminario, tenutosi nella Repubblica Ceca in una piccola città, con la cantante Ida Kelarova. Era una esperienza intensiva di teatro, danza e canzoni dei rom. Quando arrivammo la sera era buio e non seppi mai dove fossimo. Quei canti rom mi fecero rivivere emozioni che avevo provato in precedenza con la musica indigena e le coplas del mio paese. Ritornai a casa con l’intento preciso di incidere un CD di musica popolare argentina e latino-americana. Alla fine, ne ho fatti quattro di CD.
L’evento più inaspettato e importante tuttavia accadde quando il praticante che di solito traduceva Rinpoche (dall’inglese allo spagnolo) a Tashigar Sud non arrivò in tempo. Ci voleva un sostituto e venni scelta per prendere il suo posto. Trovai molto naturale e musicale tradurre. Rinpoche gradiva che i suoi traduttori non modificassero i suoi insegnamenti con interpretazioni personali ed era in grado di adattarsi a un ritmo, più veloce o più lento, senza interrompere il flusso degli insegnamenti. Era come se mi fossi svuotata di ogni pensiero, lasciavo che le parole uscissero da sole. Con il tempo divenne più facile e riuscivo a trovare parole o espressioni più attinenti. Poi, continuando come traduttrice durante gli insegnamenti del nostro Maestro, andai con lui in Cile, Peru, Tashigar Nord, Tsegyalgar West e a Città del Messico. Durante tali viaggi c’erano sempre molte occasioni per cantare e Rinpoche era solito chiedermi di farlo. Mantenevo sempre quelle parole nel mio cuore e a volte, quando cantavo, la considerazione di esterno e interno si dissolveva, sentivo che stavo semplicemente dando una forma a ciò che era nell’aria. Ho viaggiato molto anche come istruttrice per insegnare in corsi di Danza del Vajra. Fu un periodo molto felice della mia vita e, in seguito a quelle esperienze, iniziai a scrivere poesie e le parole cominciavano a fluirmi più o meno facilmente, quando iniziai a passare dall’essere un’interprete a cantautrice.
Poi un altro evento felice avvenne quando incontrai l’uomo che sarebbe diventato mio marito, Gerardo Gandini, un famoso compositore molto noto per la sua conoscenza e sensibilità, oltre che per il suo modo particolare di comporre musica. Attingeva materiale musicale dalla storia della musica, applicando metodi e procedure che non appartenevano solo alla composizione musicale ma anche alla letteratura.
Quando iniziai con lui e seguendo le sue lezioni feci i primi esperimenti con la composizione, lavorando con i materiali della mia stessa memoria.
Iniziai a scrivere musica e testi, sviluppando capacità e procedure per dare forma a quello che scaturiva dalle mie evocazioni, intuizioni o sogni.
Attualmente sto lavorando a diversi progetti di ricerca sperimentale sulla voce e su una tesi sulle tonalità vocali latino-americane. Sto anche lavorando a un progetto di registrazione di mie canzoni eseguite da vari interpreti. Uno dei miei brani è stato recentemente incluso nel repertorio dell’orchestra sinfonica “Tango sin fin” in seguito a un premio per la composizione musicale. Ora mi piace anche passare il tempo con le mie due figlie e mio figlio, i loro compagni e i miei cinque nipoti, la mia amorevole famiglia.
Mi considero un’artista ma anche una persona che lavora duro. La creatività è la base, ma sono molto importanti la conoscenza e i metodi con cui diamo forma ai materiali, cose che si ottengono con il tempo e l’impegno. Per me la pratica artistica è una combinazione di saggezza e sensazione che consente a un qualche cosa di manifestarsi e prendere una forma concreta. Tutto funziona meglio quando sono presente nelle diverse esperienze, secondo quanto ci ha insegnato il nostro Maestro. Essendo la voce e il suono le materie prime del mio lavoro, per me è importante sciogliere le tensioni per consentire all’energia creativa e amorevole di scorrere ed essere così in grado di dare questa musica a coloro che sono ricettivi ad essa.
Sono profondamente grata al nostro maestro Chögyal Namkhai Norbu per tutto quello che ci ha dato così generosamente. Sento che i suoi insegnamenti hanno cambiato la mia vita trasformandola in una pratica a tempo pieno nel mio lavoro, con la mia famiglia e con la Comunità Dzogchen. Anche nella vita sociale, rendendoci in grado di condurre quello che le nostre popolazioni autoctone chiamano un “buen vivir” (vita armoniosa,Sumak Kausay in Quechua, Ñande Reko in Guaraní).
Spero che l’Insegnamento Dzogchen si diffonda in tutto l’universo, specialmente in questi tempi dove la confusione e l’ira si manifestano ovunque, così che possa portare più saggezza e felicità e porre fine al samsara per tutti gli esseri. Traduzione italiano di Clara Lovisetti