Mirror: Nico, è da tempo che lavori con la terapia del suono ma sei anche un batterista professionista. Ci puoi parlare un poco della tua esperienza quale musicista?
Nico Lippolis: di questi era un batterista dell’orchestra della RAI, che era addentro tutte quelle cose dello swing perché, essendo abbastanza anziano, aveva vissuto i primi tempi del jazz negli anni ’50 e ’60. Mi insegnò secondo quella vecchia scuola di suonare la batteria, che è una modalità fondamentale che ancora oggi inspira moltissimi batteristi. Poi iniziai a studiare musica più sperimentale con un altro maestro, più giovane, Marcello Magliocchi, che è ancora molto attivo sulla scena europea della musica sperimentale improvvisata.
Quando mi trasferii a Berlino, nel 1994, scoprii una grande realtà di artisti multimediali e cominciai a lavorare con video maker, con danzatori, con gente del teatro, per tutti i tipi di spettacoli che richiedevano musica. Ma naturalmente suonavo anche con musicisti jazz, musicisti rock and roll, gruppi punk e così via, così mi creai un vasto bagaglio musicale. Il mio più recente progetto si intitola Ur, un duo progressivo sperimentale con me alla batteria e il mio partner, Jacopo Bertacco, che suona la chitarra baritona e canta (https://nft.urband.net).
Mirror: È stato quando vivevi a Berlino che hai anche avuto modo di connetterti con Chögyal Namkhai Norbu e l’insegnamento Dzogchen?

Nico Lippolis
Nico: Si, questo avvenne più avanti negli anni, nel 2005. Scoprii per la prima volta il suo nome leggendo la sua introduzione al Libro tibetano dei morti, che mi incuriosì molto e mi stimolò. Poi scoprii altri libri di Rinpoche pubblicati in italiano e ogni volta che andavo in una libreria in Italia cercavo i suoi libri sugli scaffali. Vidi che alcuni erano stati scritti assieme ad Adriano Clemente, come La sorgente suprema e altri testi relativi agli insegnamenti e alla cultura tibetana in generale e tutto questo mi aprì un mondo.
Poi, ovviamente, la teoria non basta, così quando nel 2013 vidi che Rinpoche sarebbe venuto a Berlino – c’erano manifesti molto grandi dappertutto nella piazza a Berlino – pensai che dovevo andare, non dubitavo di voler incontrare quella persona e comprendere davvero che pratica fosse.
The Mirror: Hai menzionato la connessione fra l’insegnamento di Rinpoche e l’esperienza di suono e vibrazione che utilizzi mediante la musica.
Nico: Sì, esattamente. La prima campana che mi risuonò fu la traduzione del Bardo Tödrol o liberazione mediante l’ascolto. Sentii che questo era collegato a ciò che stavo cercando nell’essenza della musica mentre sto suonando. Sentivo la connessione con l’insegnamento di Rinpoche mediante l’esperienza di suono e vibrazione, che sono i principi che mi hanno portato a lavorare con la terapia del suono e ad approfondire l’essenza del suono.
Quando andai alla pratica per la prima volta, intonare le sillabe seme, sentire quella risonanza – la pratica empirica di sentire la vibrazione dentro il corpo e poi osservare che cosa produce come movimento nel tuo sistema, nel tuo corpo e la connessione tra mente, l’aspetto energetico e quello del corpo – era l’esperienza del guruyoga che apriva la porta, la connessione per approfondire l’aspetto del suono. E questo cambiò in qualche modo il mio modo di interpretare la musica e di comporre.
Mirror: Come è successo che ti sei interessato alla terapia del suono?
Nico: Per me è stata un’evoluzione naturale andare dal modo convenzionale di suonare musica (che in realtà non era mai stato convenzionale…) alla scoperta di strumenti e tradizioni ancestrali che usano il suono come metodo di cura, così mi dedicai allo studio di questo aspetto e iniziai a lavorare con le tazze sonore tibetane (le campane tibetane), i gong e i tamburi a cornice. Da percussionista era un territorio conosciuto e mi fu naturale seguire quella via. Una volta testato l’effetto di questi strumenti sul corpo, non ebbi dubbi su come potesse essere efficace il suono per il rilassamento, la meditazione e l’equilibrio.
Mirror: E come hai collegato questo al lavoro con i giovani?
Nico: La tradizione Dzogchen consiglia specificatamente che cosa fare per sentire questa connessione con il suono, con la luce, cosa che è davvero incredibilmente preziosa proprio in questo periodo di grande confusione e distruzione, specialmente per quanto riguarda le generazioni più giovani.
Possiedo una certa esperienza di questo, perché ho lavorato nelle scuole insegnando musica nell’ambito di diversi progetti, come i cerchi di tamburi, le percussioni, e così conosco un poco che cosa hanno passato gli insegnanti, i direttori scolastici e gli stessi studenti in questo momento difficile, soprattutto gli adolescenti.
Gli adolescenti in generale vivono un momento difficile con problemi di identità, di ormoni e molti altri fattori. Volevo trovare un metodo, usando la musica, che potesse dare qualche strumento ai giovani per diventare meno conflittuali, meno problematici, o quanto meno riconoscerlo, per poi lavorarci in modo creativo invece di essere distruttivi o di cadere nella depressione o nell’ansia. Ho fatto già qualche ricerca in questo campo. Poi iniziò la pandemia e ovunque le scuole vennero subissate di regole e normative che interessarono i programmi didattici e l’intero sistema educativo.
Soprattutto negli ultimi due o tre anni, i giovani hanno sofferto molto per il distanziamento sociale e tutte le regole a esso relative. Per gli adolescenti è diventato sempre più difficile relazionarsi con questo caos della vita quotidiana, cosa che li ha disorientati e, nel peggiore dei casi, li ha spinti verso la depressione o la dipendenza da droghe. Così decisi di usare nelle scuole la meditazione con il suono, per dare agli studenti alcuni strumenti per iniziare a guardare dentro se stessi, per diventare più familiari con il riconoscimento della natura della mente.
Mirror: Quando tieni una sessione con persone giovani, come la organizzi?
Nico: Attualmente sto lavorando con questa scuola di Berlino. Ciascuna classe fa una sessione di 90 minuti. Porto gli strumenti con me, tazze sonore tibetane, gong, tamburi a cornice, a seconda della situazione. Alla scuola ho anche strumenti a percussione africani. Così la gamma parte dal suono meditativo delle tazze ma si può sviluppare e diventare movimento o danza. Quando mi accorgo che la situazione è un poco tesa, uso sempre una breve meditazione prima di iniziare. Spesso è la prima volta che questi giovani fanno esperienza della visione interna di se stessi.
Ci sono tappetini per yoga così i ragazzi si tolgono le scarpe, si siedono e faccio vedere loro la posizione di meditazione con le gambe incrociate per quelli che sono in grado di assumerla e anche posture alternative. In questo modo iniziano a osservare il corpo e i suoi limiti. Spiego loro che lavorare sulla postura aiuta il flusso energetico nel corpo. Dopo di che iniziamo a focalizzarci sul respiro e a volte facciamo qualche pranayama semplice.
Poi comincio a suonare le tazze, facendoli concentrare sul suono. Con la vibrazione la stanza si riempie di suoni armonici perché questi strumenti sono perfetti per questo tipo di frequenze. Quando la loro concentrazione diventa più profonda, a volte guido gli studenti nella visualizzazione di punti interni del corpo, andando piano senza entrare in meditazioni complicate – ma giusto per dare un’idea di che cosa sia – e focalizzando l’attenzione sul corpo. Il suono guida sempre questa meditazione. Dopo, restano sdraiati e si rilassano. Il suono si diffonde ovunque creando un bagno di suono. Una volta che abbiamo finito, lentamente si riprendono e parliamo un poco di come è stata l’esperienza, dandomi anche qualche feedback.
Qui a Berlino ho a che fare con studenti che a volte possono essere un poco problematici, perché negli ultimi cinque/sei anni sono arrivate molte persone da tutto il mondo, soprattutto da paesi dilaniati dalla guerra come Siria, Yemen e ora l’Ucraina. Abbiamo molti nuovi adolescenti che provengono da contesti scolastici diversi e difficili. La musica e il suono sono davvero un ottimo metodo per iniziare questa comunicazione non verbale dove non servono concetti, non servono parole, non servono regole, solo il suono e la musica che pervade tutto, in modo che il gruppo diventa realmente uno e c’è quel senso di unità.
Anche gli insegnanti sono presenti alle sessioni, così possono vedere questo lavoro e anche farne esperienza, dando quindi anche a loro un’opportunità per rilassarsi. Anzi, lo scorso agosto il preside mi aveva chiesto di iniziare l’anno scolastico con due giornate di meditazione con il suono per tutti i docenti. Andò molto bene e i riscontri furono molto belli, mi sorprese abbastanza perché alcuni fra i professori partecipanti erano molto scettici.
Mirror: Mi sembra di capire che stai iniziando a lavorare anche con una scuola superiore della tua zona.
Nico: Lo scorso mese di settembre mi sono trasferito da Berlino alla Puglia, invitato da una docente che lavora con un centro locale, che offre corsi di sviluppo creativo, per tenere un corso in una scuola superiore a Cisternino. Organizzò una sessione e la tenemmo nell’aula magna della scuola con una prima classe di 25 studenti e poi un mese dopo con un’altra classe. Il preside fu molto ispirato da questo lavoro, disse che gli sarebbe piaciuto introdurlo su base regolare nel programma scolastico, a partire dal prossimo anno.
La stessa insegnante mi disse una cosa che già sapevo, ossia che molti studenti a scuola erano depressi e che avevano affrontato situazioni molto difficili negli ultimi due anni e che avrebbero potuto trarre un vero beneficio da questo lavoro.
Mirror: Hai qualche suggerimento per gli insegnanti e i professionisti che oggi lavorano con i giovani ?
Nico:Penso davvero che questi metodi possono essere usati da scuole di ogni livello, a cominciare dalla scuola primaria sino all’università e magari anche nei posti di lavoro, perché questo tipo di attività possiede un grande potenziale per cambiare la società in modo positivo. Questo metodo di lavorare con la consapevolezza di corpo, suono e respiro, tramite una visione interna dell’energia, è di grande aiuto e potrebbe essere la sorgente, il fulcro, dell’insegnamento nelle scuole.
E penso anche che la scuola dovrebbe iniziare a introdurre questo tipo di cambiamento reale invece di lavorare con un sovraccarico di informazioni. La scuola dovrebbe sviluppare esseri più umani, che possiedano gli strumenti per essere più efficaci, per superare i problemi che dobbiamo affrontare oggi e nel prossimo futuro.
Mirror: Grazie, Nico. Traduzione italiano di Clara Lovisetti
Per vedere una performance musicale di Nico Lippolis con UR: