

Kuan Yin, dettaglio legno, policromo, cinese
Tra gli oltre 250 manufatti artistici provenienti da tutta l’Asia donati di recente da Costantino Albini alla collezione Namkhai, c’è uno squisito esempio della prima scultura cinese, una statua meravigliosa, letteralmente divina, che raffigura Kuan-Yin. Abbiamo contattato la professoressa Chun-fang Yu, che ci ha cortesemente concesso di estrapolare alcuni brani dal suo celebre saggio “Kuan-yin: The Chinese Transformation of Avalokitesvara (1), allo scopo di presentare la figura di Kuan-Yin ai membri della Comunità che ancora non la conoscessero; ma anche per permettere a chi già ne conoscesse le caratteristiche di scoprire come la sua figura si sia evoluta nel viaggio lungo la Via della Seta durante il corso del tempo. La nostra scultura, alta più di 150 cm, sarà il pezzo forte della nuova esposizione del MACO, dedicata alla diffusione del Buddhismo lungo la Via della Seta.
L’interessante libro della professoressa Chung-fang Yu fornisce nuovi approfondimenti sul gender, interpretati alla luce di dinamiche riferite ai mutamenti religiosi e all’evoluzione del pensiero e delle pratiche buddhiste nel contesto del panorama storico-culturale e sociale dell’Asia.
Per coloro che non hanno familiarità con Kuan-Yin, ovvero la manifestazione di Avalokitesvara secondo i cinesi, il suo(2) viaggio iniziò in India, comparendo per la prima volta in Cina nel terzo secolo come una della miriade di facce della compassione di Avalokitsvara, manifestatosi nel regno dei Buddha delle dieci direzioni, che offre rifugio dal terrore da cui siamo circondati e svuota gli inferni che ci attendono.
“Se ad aver bisogno della Salvezza era un monaco, o una monaca, o un praticante o una praticante, immediatamente [Kuan-Yin] diventava un monaco, o una monaca, o un praticante o una praticante, e predicava la Legge per loro. Se ad aver bisogno della Salvezza era la moglie di un uomo ricco, o di un capofamiglia, di un primo ministro oppure di un bramino, immediatamente [Kuan-Yin] si trasformava nella moglie e predicava la Legge per loro. Se ad aver bisogno della Salvezza era un giovane o una giovane, immediatamente [Kuan-Yin] diventava un giovane o una giovane e predicava la Legge per loro. Se ad aver bisogno della Salvezza era un essere celeste, un drago, uno yaksha, o un gandharva, un asura, oppure un garuda, un kimnara, un mahoraga, ovvero un essere umano o non-umano, immediatamente si mutava in ognuna di queste creature e predicava la Legge per loro… Questo bodhisattva mahasattva, Colui che percepisce tutti i suoni del mondo, può donare coraggio a tutti coloro che vivono nella paura, in difficoltà, o sono in circostanze opprimenti. Per questa ragione in questo mondo Sahā tutti lo chiamano Colui che dona coraggio.” [Chun-fang Yu, 2000: 3]
Avalokitesvara non è mai stato venerato come una divinità femminile in India, Tibet, Sri Lanka o nell’Asia sud-orientale. Nemmeno in Cina, almeno all’inizio, a Kuan-yin fu data una connotazione femminile …la trasformazione di genere sessuale dal maschile Avalokitesvara al femminile Kuan-yin sembra essere un fenomeno peculiare alla cultura cinese (in Giappone, Corea e Vietnam, identificano Kuan-yin come un esempio di saggezza per i meditanti e come “La dea della compassione”). [Chun-fang Yu, 2000: 3]
Kuan-Yin era “una nuova divinità che non portava solo al risveglio spirituale, ma salvava anche gli individui dalle difficoltà del mondo, garantiva inoltre soddisfazioni materiali, così come una “buona morte”, e la Salvezza ultraterrena… La trasformazione di Kuan-yin in ambito cinese può essere considerata un caso di studio della trasformazione generale del buddhismo in Cina…”. [Chun-fang Yu, 2000: 4]
“Questo bodhisattva subì molte trasformazioni tramite l’assunzione di identità differenti, in virtù di raffigurazioni artistiche diverse, e per mezzo di pratiche e rituali peculiari a ogni paese in cui si diffuse al di fuori della Cina. Tale processo fornì l’occasione di alterare il bodhisattva a servizio gli interessi e i bisogni delle nazioni che ne adottavano il culto…
Nelle opere d’arte precedente e contemporanee alla dinastia Tang (618-907) Kuan-yin è stato considerato come una figura maschile e, di conseguenza, fu raffigurato in tal guisa. Tuttavia, fin dal primo periodo Sung (960-1279), intorno all’undicesimo secolo, alcuni devoti identificarono Kuan-yin come una divinità femminile e nuove rappresentazioni femminee di Kuan-yin furono create dagli artisti cinesi. Questa trasformazione del bodhisattva raggiunse il suo apice probabilmente durante il periodo Yüan (1206-1368). Dall’epoca Ming, nel quindicesimo secolo, Kuan-yin è stata concepita e raffigurata solo con qualità femminili.”[Chun-fang Yu, 2000: 4]
“Le distinte fasi nell’evoluzione dell’iconografia di Avalokitesvara in India si riscontrano anche in Cina, ma con innovazioni. A partire dalla creazione di nuove rappresentazioni, come Kuan-yin alla luna sull’acqua (che è androgino), nel decimo secolo, dopo l’epoca Sung (960-1279) gli artisti cinesi raffigurarono sempre più il bodhisattva con fattezze femminili. A cominciare dal periodo Ming (1368-1644), se non prima, comparvero serie di dipinti che rappresentano Kuan-yin in cinque, trentadue, o cinquantatré forme…
Tale molteplicità di forme del bodhisattva sono riconducibili alle trentatré manifestazioni di Kuan-yin nel Sūtra del Loto, o alle trentadue nel Śūraṃgama Sūtra.”
Il Sūtra del Loto (3)
Kuan-yin salvatore dai pericoli, così come è lodato nel Sūtra del Loto, fu uno dei principali soggetti tra gli affreschi di Tun-huang, l’ultima fermata della Via della Seta.

Dal 25mo capitolo del Sutra del Loto: “Porta Universale” capitolo 25 del Sutra del Loto, periodo Kamakura (1185–1333), rotolo; inchiostro, colore, oro su carta, dalla collezione di dipinti buddhisti del Met Museum
“One of the central scriptures glorifying the bodhisattva is the 25th chapter of the Lotus Sutra, [note 4] (known as the “Universal Gateway”) which was translated into Chinese six times, of which three versions have survived: the version by Dharmarakṣa, a native of Scythia, in 286, Kumarajiva (Kucha), 406 and Jñanagupta and Dharmagupta in 601.” [Chun-fang Yu, 2000: 37-8]
“Prima della traduzione del Sūtra del Loto risalente al terzo secolo, nessuna divinità cinese era paragonabile a Kuan-yin, che non aveva come uniche qualità l’essere compassionevole e il salvatore universale, ma che era anche facilmente raggiungibile. La verità predicata nella “Porta Universale” annunciava un’innovativa e democratica via di Salvezza.
Una persona non doveva fare nulla di particolare o speciale per raggiungere la Salvezza. Non era necessario diventare un dotto esperto in scritture, né un modello di virtù e nemmeno un maestro abile nella meditazione. Non era richiesto di condurre un particolare stile di vita, né di assumere una dieta specifica, e nemmeno di praticare alcun rituale. L’unico requisito per ottenerla era di invocare il suo nome.[Chun-fang Yu, 2000: 489]
Non c’era nessuna discriminazione sulla base di condizione sociale o genere sessuale. I benefici derivanti dal suo culto erano invero spirituali e mondani. Non ci si meraviglia quindi che un messaggio del genere abbia ricevuto un riscontro immediato ed entusiasta.”[Chun-fang Yu, 2000: 491]
Il Śūraṃgama Sūtra
All’interno del Śūraṃgama Sūtra, un sūtra molto popolare fin dall’epoca Sung, Kuan-yin compare descritto in trentadue forme, sei delle quali con fattezze femminili: monaca, praticante laica, regina, principessa, nobildonna e giovane vergine. Tuttavia, in ambito cinese Kuan-yin non è comparsa solo come una donna indefinita. Un fattore essenziale del successo nel rendere le caratteristiche femminili e autoctone di questa divinità buddhista in Cina, in effetti, risiede nel fatto che i cinesi attraverso miti e leggende trasformarono Avalokitesvara, descritto nei testi Mahayana come un bodhisattva astorico che trascende le limitazioni di spazio e tempo, in Kuan-yin che, conosciuto con differenti nomi cinesi, condusse vite diverse in tempi e luoghi ben definiti della Cina. Solamente grazie a questa chiave si è potuto uniformare Kuan-yin al modello delle figure divine cinesi. In Cina già esistevano infatti divinità popolari come Kuan-ti e Chi il pazzo, o la dea Ma-tsu, individui realmente vissuti in epoche e luoghi ben noti, …in seguito trasformati in eroi storici, poi venerati come figure fondanti della civilizzazione cinese. [Chun-fang Yu, 2000: 295]
“Nel Śūraṃgama Sūtra, il bodhisattva … inizia con il descrivere come ha raggiunto il samadhi grazie alla meditazione sull’organo dell’udito…” al principio, con il dirigere l’organo dell’udito nel flusso della meditazione, l’organo stesso si separò dal suo oggetto e così, esauriti (i concetti di) suono e flusso in entrata, la confusione così come la quiete divennero con chiarezza non-esistenti. In modo simile, progredendo passo dopo passo, sia l’ascoltare, sia l’oggetto dell’ascolto cessarono completamente, ma io non mi fermai dove essi terminarono. Quando la consapevolezza di un tale stato e lo stato stesso furono realizzati come non-esistenti, soggetto e oggetto si unificarono nella vacuità, la cui consapevolezza abbracciò il tutto…
Il suono qui menzionato non è quello emesso dal devoto che grida il suo nome, ma qualsiasi suono che, qualora sia esaminato con visione sottile, conduce alla realizzazione della sunyata. Sebbene il bodhisattva salvi gli esseri dai pericoli e garantisca loro quattordici distinti tipi di coraggio in questo sūtra, la ragione in base alle quali agisce in tal modo è differente da quella menzionata nel Sūtra del Loto.” [Chun-fang Yu, 2000: 40-41]
Conclusioni
L’autrice afferma che “la scelta di una donna al posto di un monaco rispecchia non solo il mutamento di genere sessuale nell’arte, ma anche l’affermazione di un nuovo genere di buddhismo laico organizzato in epoca Sung, che sosteneva il medesimo valore della pratica laica e che probabilmente fornì maggiori opportunità alle donne di partecipare al fenomeno religioso.” [Chun-fang Yu, 2000: 24]
“Considero la trasformazione sessuale del bodhisattva nel contesto del suo adattamento …visto nella cornice più ampia di come il buddhismo fu assorbito in Cina. La femminilizzazione di Kuan-yin e gli sviluppi che si affermarono nel Taoismo religioso potrebbero essere concepiti come risposte all’atteggiamento patriarcale del buddhismo istituzionale e del Neo-Confucianesimo. [Chun-fang Yu, 2000: 21]
La trasformazione al femminile di Kuan-yin non è certamente un’innovazione da attribuire integralmente ai cinesi, perché ha solide basi nei testi. Secondo il capitolo “Porta Universale” del Sūtra del Loto, Kuan-yin può assumere ben trentatré forme distinte allo scopo di salvare differenti tipi di individui. Tra queste forme, sette sono femminili: suora, praticante laica, moglie di un anziano, di un capofamiglia, di un ufficiale, di un bramino e ragazza. [Chun-fang Yu, 2000: 294]
“In alcune occasioni, ho indicato che Kuan-yin in abito bianco dovrebbe essere considerata una creazione autoctona, così come Kuan-yin alla luna sull’acqua e Kuan-yin con bambino. Tuttavia, invece di considerarle come fossero icone distinte e separate, proprie rispettivamente del culto dei monaci Ch’an, della classe colta e dei popolani, ho proposto un punto di vista che ritengo più proficuo e accurato, ovvero di pensarle come a diversi aspetti della stessa divinità, interconnessi tra loro. L’iconografia di Kuan-yin in abito bianco deriva dalle rappresentazioni di Kuan-yin alla luna sull’acqua, e quest’ultima si è evoluta anche in Kuan-yin con bambino. Non sarei potuta giungere a una simile conclusione sulla base del confronto di stili, perché ogni manifestazione presenta caratteristiche peculiari. Piuttosto, ci sono arrivata sulla scorta dei riscontri tratti dai racconti miracolosi, dai testi autoctoni, e dalla descrizione delle pratiche rituali.
Ho anche suggerito che sarebbe molto utile scoprire la ricca complessità di connessioni rappresentata per pubblici distinti da ogni singola immagine, storia o testo, piuttosto che assegnare a ciascuna di esse un significato monolitico o confinarla in una specifica serie di caratteristiche. È senza dubbio vero che Kuan-yin è stata vista e interpretata in maniera differente da persone diverse. È altresì vero che persone diverse hanno chiesto alla divinità cose diverse.” [Chun-fang Yu, 2000: 488]
Nota di chiusura
Una delle storie più toccanti legate alla sfolgorante compassione di Kuan-yin la racconta l’autrice nella prefazione al libro, quando scrive che da bambina, mentre scappava dalla Cina insieme alla propria famiglia, furono salvati dal disastroso incidente di un traghetto grazie alla visione di Kuan-yin che ebbe la nonna. Il ricordo personale dell’autrice aggiunge alle pagine del libro che seguono un’aura miracolosa – e perciò siamo riconoscenti dal profondo a sua nonna (e sopra ogni cosa, ovviamente, a Kuan-yin).
Il Museo di Arte e Cultura Orientale è stato fondato da Rinpoche con l’intenzione manifesta di condividere la sua collezione con il pubblico. Un simile intento ha trovato risonanza nel contesto dell’amministrazione pubblica di Arcidosso, della Regione Toscana e dell’Unione Buddhista Italiana (UBI). Lo stesso è accaduto per altri, come Costantino, che ha effettuato generose e rilevanti donazioni al Museo. Ugualmente non vanno dimenticati i contributi di tempo ed energie spese dai moltissimi volontari che hanno reso possibile l’esistenza del Museo.
Poiché tutte le donazioni al Museo entrano a far parte e di conseguenza arricchiscono la collezione Namkhai, in maniera limitata ma rilevante le donazioni rappresentano un simbolo del nostro apprezzamento e della riconoscenza nei confronti di Rinpoche, della luminosità ininterrotta della sua compassione e della sua inesauribile generosità, che tutti conosciamo e che non si potrà mai affievolire.
Abbiamo fatto del nostro meglio per proseguire a organizzare la sua Collezione e ancora ringraziamo tutti coloro che hanno condiviso con noi l’obiettivo e hanno partecipato nel realizzarlo. È mia convinzione personale che chiunque sia interessato a fare una donazione al Museo maturerà assai più meriti con l’effettuare il proprio dono direttamente a Rinpoche e alla sua Collezione, invece di indirizzarlo a un piccolo ente culturale sulle colline della Toscana.
Grazie a ogni donazione il Museo cresce e si sviluppa, aiutando a far conoscere al pubblico lo splendore dell’arte e delle culture dell’Asia e come esse illuminano il mondo.
Museo di Arte e Cultura Orientale
Gli eventuali errori di trascrizione e le citazioni scorrette della Prof. Chun-fang Yu, sono responsabilità del MACO.
Traduzione italiana di Luca Villa
Due rotoli che illustrano il capitolo 25 del Sūtra del Loto possono essere consultati
sul sito internet del Metropolitan Museum of Art:
https://www.metmuseum.org/art/collection/search/44849#:~:text=One%20of%20the%20masterworks%20of,is%20interspersed%20with%20thirty%2Dfour
sul sito dell’Harvard Art Museum:
https://harvardartmuseums.org/art/211277
Altri volumi della professoressa Chun-fang Yu:
- Chinese Buddhism: A Thematic History, University of Hawai’i Press, Honolulu, 2020
- The renewal of Buddhism in China: Zhuhong and the late Ming synthesis, Clombia University Press, New York, 2020
- In Search of the Dharma: Memoirs of a Modern Chinese Buddhist Pilgrim, State University of New York Press, 1992
(1) Chun-fang Yu, “Kuan-yin: The Chinese Transformation of Avalokitesvara”, Colombia University Press, New York, 2000.
(2) La prof. Chun-fang Yu sostiene che: “il miglior modo per riferirsi a Kuan-yin sembra dover includere entrambi generi sessuali” ibid. p. 7.
(3) David Lopez, nell’intervista sul suo libro The Lotus Sūtra: A Biography (Princeton University Press, New Jersey, 2017) fornisce un’interpretazione contemporanea su come leggere il Sūtra del Loto e apprezza in chiave storica la sua posizione nel contesto dell’evoluzione del Buddhismo lungo la Via della Seta: in Tricycle (https://tricycle.org/magazine/lotus-sutra-history/)
(4) “Porta Universale”, capitolo 25 del Sūtra del Loto:
https://www.nichirenlibrary.org/en/lsoc/Content/25




