Chögyal Namkhai Norbu

Ritiro del Canto del Vajra, 16 maggio 2012 Giorno 1 parte 3. Continua dal numero 162 di The Mirror.

L’Anuyoga è un insegnamento Vajrayana originariamente trasmesso da Guru Padmasambhava, che trasmise anche gli Anuttara Tantra superiori come il Guhyasamaja Tantra e altri. Più tardi in India, al tempo del maestro Kagyupa Marpa e dei traduttori Sakyapa, quei Tantra esistevano ancora e furono ritradotti. Ci sono infatti due traduzioni del Guhyasamaja Tantra: una antica e l’altra moderna. Il significato delle due non cambia ma il modo di tradurre e di usare le parole è leggermente diverso. Le traduzioni moderne sono presentate in modo più intellettuale mentre quelle antiche si concentrano molto sull’essenza, questa è l’unica differenza.

Guru Padmasambhava insegnò anche un altro metodo di trasformazione Vajrayana chiamato Anuyoga. Questa tradizione è continuata solo nella scuola Nyingmapa, non in altre, perché quando Marpa Sakyapa andarono in India, questo insegnamento lì non esisteva. A suo tempo Guru Padmasambhava aveva detto di averlo ricevuto da insegnanti provenienti dall’India. Ma l’origine di questo insegnamento era il paese chiamato Trusha. Guru Padmasambhava consigliò ai suoi studenti in futuro di recarvisi per tradurre tutti i testi originali di Anuyoga. Questo non significa che Guru Padmasambhava abbia insegnato un tantra Anuyoga ma che abbia trasmesso la conoscenza dell’Anuyoga. Successivamente i suoi studenti, in particolare il traduttore molto famoso Nub Sangye Yeshe, andarono in Trusha. E comunque sia tutti i Tantra originali Anuyoga furono tradotti in tibetano dalla lingua di Trusha, non dal sanscrito, o dalle lingue indiane o di Oddiyana.

Per questo, Trusha è molto importante poiché è l’origine dell’insegnamento Anuyoga. Dunque, Trusha non era Oddiyana, né il famoso Shambhala e nemmeno lo Shang Shung. Trusha si trovava in Russia, nell’attuale Kirghizistan. Possiamo capirlo dagli insegnamenti e dalle loro storie. In seguito però tutti i luoghi dell’Asia centrale, inclusi Trusha, Oddiyana e Shambhala, furono invasi dai musulmani e scomparvero.

Alcuni miei studenti russi vivono vicino alla zona che era Trusha e hanno sentito dire che lì si possono ancora trovare molte statue di Bodhisattva proprio come in Afghanistan. Questa è solo per darvi un’idea della storia, ma quello che è importante è il metodo dell’insegnamento Anuyoga.

Quando facciamo la pratica Dzogchen, se usiamo metodi di trasformazione applichiamo sempre il sistema Anuyoga piuttosto che il sistema ufficiale Anuttara Tantra, quest’ultimo infatti è un po’ difficile per i praticanti Dzogchen. Quando pratichiamo l’Anuttara Tantra dobbiamo leggere la sadhana e cominciare pensando che tutto è vacuità. Poi leggere come sviluppare la sillaba seme degli elementi dalla vacuità e come sviluppare la propria dimensione del puro mandala.

Quando finiamo di costruire l’intero mandala con le sillabe seme, dobbiamo considerare come manifestarci nella divinità principale. Che aspetto ha, di che colore è, che tipo di ornamenti porta, quante braccia, quante gambe e così via. Questa si chiama fase dello sviluppo; leggiamo e mentalmente sviluppiamo la visualizzazione. Quando ci siamo riusciti, internamente visualizziamo i chakra, i canali e cerchiamo di integrarci in essi. Dunque è un metodo di pratica graduale e lo sviluppiamo fino a quando, lavorando con la mente, non siamo nello stato non duale dei due stadi. Potremmo trascorrere anni e anni, senza mai andare oltre la mente. Questo nel Vajrayana, è il sistema dei Tantra superiori.

Anche l’Anuyoga utilizza il metodo della trasformazione, ma spiega come è la nostra vera natura. Non c’è differenza tra l’Anuyoga e lo Dzogchen. L’Anuyoga spiega come la nostra vera natura sia le tre saggezze primordiali di: essenza, natura ed energia. Cos’è l’essenza? È il vuoto, Kadag. Cos’è la natura? È la chiarezza. Cos’è l’energia? È il senza interruzione. Quando parliamo di energia, parliamo delle tre potenzialità primordiali di: suono, luce e raggi. Fin dall’inizio tutti gli esseri senzienti hanno queste potenzialità perfette. Ma anche se fin dall’inizio abbiamo queste potenzialità, noi non sappiamo di averle e a causa di questa ignoranza non ne riceviamo alcun beneficio. Siamo sempre nel samsara.

L’Anuyoga allo stesso modo dello Dzogchen spiega come entrare in quello stato, visto che per realizzarlo dobbiamo essere in quello stato. E non possiamo farlo rimanendo nei concetti mentali. Quelli non sono la nostra vera natura, proprio come i riflessi non sono la vera natura della potenzialità dello specchio. Quindi usiamo il metodo della trasformazione.

Nella trasformazione si ha l’idea della visione impura e pura. Anche in Anuyoga abbiamo la visione impura o condizione relativa, ma per trasformarla secondo l’Anuyoga non è necessario andare passo passo in modo graduale perché non c’è motivo di costruire nulla. Fin dal principio abbiamo la qualità auto-perfezionata. Ciò che è importante è ricevere la trasmissione. Quando ci trasformiamo consideriamo la nostra dimensione essere come la dimensione pura del mandala. Quando dall’insegnante riceviamo la trasmissione, lui o lei ci mostra un mandala e noi lo immaginiamo. Allo stesso modo quando ci trasformiamo nella divinità, l’insegnante ci mostra l’aspetto della divinità, riceviamo quella trasmissione, abbiamo quell’idea e istantaneamente ci troviamo in quello stato. Questo è il sistema Anuyoga. Uno specchio, ad esempio, ha infinite potenzialità per cui quando i riflessi appaiono nello specchio non è necessario che si sviluppino lentamente, gradualmente dai piedi fino alla testa. I riflessi appaiono immediatamente. Allo stesso modo tutti hanno quella potenzialità fin dall’inizio ed è questa la ragione per cui nell’Anuyoga ci trasformiamo istantaneamente.

Naturalmente è molto importante ricevere la trasmissione. Anche se abbiamo imparato la trasformazione in modo graduale, stile Anuttara Tantra, quando pensiamo a quante braccia ci sono, non pensiamo a quante gambe. Quando pensiamo a che tipo di ornamenti, non pensiamo a quante teste ha la manifestazione. Alla fine dobbiamo avere un’idea globale, come di un quadro. Quando ad esempio pensiamo a un dipinto famoso, ne abbiamo un’idea globale e non ne ricordiamo tutti i dettagli.

Quando al college si studia logica, questo concetto lo si chiama tonchi. Ton indica tuto ciò che vediamo e con cui i sensi entrano in contatto. Chi si riferisce all’idea globale che abbiamo in mente. Quando diciamo “cavallo”, abbiamo immediatamente l’idea del cavallo, non è necessario avere in testa tutti i dettagli del cavallo. Con l’Anuyoga facciamo la visualizzazione in questo modo.

Dopo aver ricevuto la trasmissione, per trasformarci istantaneamente usiamo per esempio HUM, la sillaba seme della famiglia Vajra, suoniamo e visualizziamo la HUM e quando poi cantiamo il mantra e facciamo la visualizzazione, funziona. Ma non lo facciamo in modo graduale. Questo è il sistema Anuyoga ed è essenziale che lo sappiate perché nell’insegnamento Dzogchen tutte le pratiche utilizzano il sistema Anuyoga.

Questa dunque è una piccola idea di cosa dovreste imparare dell’insegnamento Dzogchen. L’essenza indispensabile dell’insegnamento si chiama Guruyoga. Guruyoga è un nome generico, nel Vajrayana ogni tradizione ha il proprio Guruyoga. Questo perché riceviamo iniziazioni da un insegnante, non da Avalokitesvara, da Tara Verde, o Kalachakra. L’insegnante si chiama Guru e quindi Guruyoga significa essere nello stato di ciò che l’insegnante ci ha trasmesso.

Per applicarlo, tradizioni diverse utilizzano modi differenti. Alcuni adottano tipi di visualizzazioni complicate, o invocazioni disparate, o fanno uso di cose che coinvolgono a lungo concetti mentali per poi rimanere nell’essenza solo per poco tempo prima di terminare la pratica. Tuttavia, praticandolo in questo modo il Guruyoga non diventa più importante. Nell’insegnamento Dzogchen andiamo direttamente all’essenza quindi il modo di praticare il Guruyoga nello Dzogchen è diverso dagli altri. Non bisogna seguire i nomi, perché il nome è lo stesso ma la sostanza no.

Come praticare il Guruyoga nell’insegnamento Dzogchen? Visualizziamo un thigle, un cerchio di cinque colori con al centro la lettera tibetana A. La lettera A è l’origine di tutti i suoni e rappresenta il suono. Abbiamo la nostra potenzialità primordiale di suono, luce e raggi. Il suono si sviluppa dal suono segreto, che diventa suono interno, che diventa suono esterno. Possiamo comprendere il suono esterno perché immediatamente abbiamo l’idea di sentire qualcosa con le orecchie. Il suono esterno è legato all’aspetto materiale. Ma il suono interno è qualcosa che non si sente con le orecchie e che scopriamo solo attraverso l’energia o le vibrazioni. Il suono segreto è ancora più essenziale, quando scopriamo la nostra vera natura in quel momento scopriamo anche il suono segreto.

Il simbolo del suono è la lettera A, che è bianca e rappresenta la luce. La A si sviluppa poi in cinque colori. Per il Guruyoga usiamo la forma del cerchio perché quando c’è una qualsiasi potenzialità quella dimensione è rappresentata dal cerchio.

Guru Padmasambhava ha spiegato che thigle chenpo, o thigle totale, significa che tutto è in uno stato perfetto, come un thigle senza angoli. Se ci sono angoli allora non è più un thigle ma un triangolo, un quadrato o un’altra forma. Questo è un esempio di limitazioni. Il cerchio simboleggia l’essere oltre ogni limite.

Facciamo questa visualizzazione al centro del corpo perché rappresenta le nostre tre potenzialità primordiali. Non sono realmente le tre potenzialità primordiali, ma le visualizziamo in questo modo per averne un’idea in quanto viviamo nella visione dualistica. Sappiamo, ad esempio, che Samantabhadra appare come un corpo umano seduto a gambe incrociate, senza ornamenti, e consideriamo che quella figura sia il Buddha primordiale. Nel vero senso della parola simboleggia il Dharmakaya. Il Dharmakaya è al di là di forma e colore, e questa figura ci dà l’idea della dimensione del Dharmakaya. Siamo esseri umani e viviamo nella dimensione degli esseri umani, quindi Samantabhadra si manifesta con un corpo umano. Il colore blu rappresenta il vuoto, proprio come il cielo blu profondo e vuoto. La figura è priva di ornamenti perché non è una manifestazione ma rappresenta semplicemente la condizione reale del Dharmakaya.

Allo stesso modo visualizziamo anche il simbolo del thigle e suoniamo A. Perché suoniamo A? Se la suoniamo mentre facciamo la visualizzazione, questa diventa più viva. Non è essenziale suonare sempre A. Dovremmo lavorare con le circostanze e se non c’è la possibilità di suonarla, non lo facciamo. Facciamo semplicemente la visualizzazione. Se vogliamo sentirla un po’ più concretamente possiamo anche espirare profondamente con A.

Iniziamo usando la mente, prima di tutto pensando che vogliamo fare il Guruyoga, poi usiamo la mente per fare la visualizzazione. Non possiamo però continuare a pensare sempre che ci sia una A bianca nel thigle. Se continuiamo in quel modo non saremo nello stato del Guruyoga. Per essere in quello stato, dopo la visualizzazione ci rilassiamo. Rilassarsi non significa annullare la visualizzazione. Nell’insegnamento nella fase dello sviluppo, quando abbiamo realizzato la visualizzazione, non abbiamo bisogno di alcuno sforzo né di continuare a pensare che siamo la divinità. Possiamo semplicemente essere in quella presenza. Con il Guruyoga è la stessa cosa. Siamo semplicemente in quella presenza e ci rilassiamo in quello stato. Questo è lo stato del Guruyoga. Traduzione italiana di Enrica Rispoli.