Dagli insegnamenti di Chögyal Namkhai Norbu Rinpoche dati in California il 4 novembre 1979. 

La conservazione e la purezza degli insegnamenti è responsabilità di tutti coloro che sono coinvolti negli insegnamenti.

Vorrei spiegare un po’ di cose in generale. Osserviamo tra di noi che le persone hanno la propria pratica, il proprio maestro, il proprio lignaggio. Questo non vale solo per chi segue il buddhismo, ma quando si segue un insegnamento, è sempre così. Queste caratteristiche si hanno anche se non si segue l’insegnamento, vale a dire, che sono una caratteristica dell’essere umano.  

In genere tutti abbiamo una grandissima confusione su questo. Quando si vuole seguire un insegnamento, si pensa tante volte a “Lo devo seguire oppure no”. Specialmente le persone che seguono una scuola particolare, si preoccupano. In realtà è che ci poniamo un sacco di questi problemi.  

Ma è molto importante, prima di tutto, capire che attraverso gli insegnamenti bisogna cercare di aprirsi. Perché il principio dell’insegnamento è il modo di funzionare, è la sua funzione reale. L’uomo può sempre sbagliare. Ma l’insegnamento non può essere frainteso.  

L’insegnamento può apparire in molte forme diverse, in scuole diverse, ma la sua essenza,il suo principio deve essere sempre lo stesso. E quindi bisogna conoscerlo.  

Bisogna sapere qual è il vero principio che si deve seguire. Bisogna sapere dove si deve arrivare. Questo non dipende da una persona particolare che insegna o da un maestro particolare che presenta gli insegnamenti. Quale principio si sta seguendo, dove si sta andando, dipendono dalla persona che segue. Se mi devo realizzare, devo realizzare me stesso. Non è il mio insegnante che deve realizzare me, o la mia scuola che deve realizzare l’insegnamento.  

Quando si pone questo problema davanti all’insegnamento, ciò è estremamente dannoso. Dannoso per chi lo pratica, dannoso per l’insegnamento stesso e per la scuola a cui si appartiene, perché siamo interessati all’insegnamento. Perché questo riguarda non solo qualche persona o un individuo, ma ciascuno di noi che ha il proprio modo di interessarsi agli insegnamenti e di prendere in considerazione l’interesse verso gli insegnamenti. E questo interesse deve progredire. Deve progredire soprattutto per gli altri.  

Beneficio per gli altri 

Nell’insegnamento buddhista, una delle prime cose che si considera è il beneficio per gli altri, e ciò che dà beneficio agli altri sono soprattutto gli insegnamenti. Quindi bisogna avere un insegnamento che funzioni, un insegnamento che sia puro e autentico. E la garanzia degli insegnamenti dipende dalle persone che sono interessate e partecipano all’insegnamento.  

Nell’insegnamento buddhista, una delle prime cose che si considera è il beneficio per gli altri, e ciò che dà beneficio agli altri sono soprattutto gli insegnamenti. Quindi bisogna avere un insegnamento che funzioni, un insegnamento che sia puro e autentico. E la garanzia degli insegnamenti dipende dalle persone che sono interessate e partecipano all’insegnamento.
Non dovete mai pensare che l’insegnamento sia in qualche modo proprietà di pochi eletti. Normalmente è così che la gente vede la questione. Per esempio, la gente parla di Sua Santità, che Sua Santità è il proprietario degli insegnamenti, come di qualcuno proprietario di un gioiello prezioso. Ma questo non è vero perché nessuno gli ha dato quell’ incarico. Nessuno ha conferito tale autorità a una persona del genere. L’insegnamento è nell’interesse comune di tutti gli esseri e quindi la conservazione e la purezza degli insegnamenti sono responsabilità di tutti coloro che sono coinvolti con gli insegnamenti. Dunque è estremamente importante che tutte le persone e i praticanti coinvolti nell’insegnamento siano attivi. E devono, soprattutto, essere responsabili e consapevoli della loro responsabilità, altrimenti il proprio Bodhicitta è davvero solo una parola.  

Responsibilità 

Per me, ad esempio, quello che è più prezioso, che ha più valore, è l’insegnamento perché la realizzazione è l’unica cosa che può risolvere definitivamente i problemi di un essere umano. Se una persona non si realizza, si troverà sempre al livello del dualismo. Dove trovare il proprio risveglio? Solo negli insegnamenti. È per questo che gli insegnamenti sono molto importanti.  

So qual è il valore degli insegnamenti. Perciò mi assumo la mia responsabilità davanti agli insegnamenti perché so quanto siano preziosi. Se per me l’unica cosa veramente preziosa sono gli insegnamenti, allora so che questo vale anche per gli altri. Se provo seriamente compassione per gli altri, allora devo usare tutte le forze per mantenere questo prezioso insegnamento come deve essere. Devo usare tutte le forze per portare avanti l’insegnamento, quello che so devo comunicarlo agli altri. Quello che faccio è ciò che considero la vera compassione. E se questo vale per me, vale anche per gli altri. L’insegnamento è qualcosa a cui tutti gli interessati devono impegnarsi.  

Quando si pensa al buddhismo tibetano, molte persone pensano di fare qualcosa per il buddhismo tibetano per simpatia o affetto per i tibetani o per la tradizione tibetana. Ma la simpatia per i tibetani e fare qualcosa per loro è un’altra questione.  

Chi comprende il valore e la preziosità degli insegnamenti, in particolare degli insegnamenti Dzogchen, non è solo motivato dalla simpatia per i tibetani o dall’interesse per le cose orientali. Sa che questo è qualcosa di prezioso da salvare, da non perdere. Perciò chiedo abitualmente a chi è interessato di assumersi le proprie responsabilità.  

La prima responsabilità è praticare. Se vuoi assumerti le tue responsabilità verso gli insegnamenti, cioè fare qualcosa per il bene degli altri, prima di tutto devi migliorare te stesso. Per farlo devi praticare. Può darsi che non si sappia praticare, allora il primo passo ovviamente è imparare, cercare di capire.  

Per capire non bisogna rinchiudersi. Non sto dicendo che tutte le scuole, tutti i maestri siano uguali. Voi dovete trattare tutto allo stesso modo. Dovete essere aperti verso entrambe le estremità. Qualcuno potrebbe dire che bisogna dare importanza ad ogni scuola, ad ogni tradizione, ad ogni percorso. Posso capirlo, ma non è il caso che chi è interessato a realizzarsi debba rendersi schiavo di quella prospettiva.  

Comprensione 

Dal nostro punto di vista, seguire un insegnamento significa che quell’insegnamento dà un mezzo o uno strumento alla persona per liberarsi. E questo lo dovete trovare in qualunque insegnamento si tratti. Se qualcuno ve lo ha trasmesso, questo corrisponde all’insegnamento. Se così non è, vuol dire che in questo caso l’insegnamento è stato condizionato dalle persone coinvolte. Quindi sta a voi, la persona interessata, avere abbastanza consapevolezza per lavorare con ciò.  

Molte persone, quando seguono un insegnamento, dicono: “Ora ho capito. Quello in cui ero coinvolto prima, non era molto giusto”. E c’è una specie di conversione, o cambiamento, come qualcuno che si cambia il vestito. Ma neanche questa è una procedura corretta, perché se veramente avete capito, non c’è niente da cambiare.  

L’insegnamento Dzogchen non vi dà un indumento, un abito o un nuovo modo di presentarvi. Potete essere come siete. Ma ciò che l’insegnamento dà è un risveglio. Se non avevate capito prima, ora avete capito. Ora, se avete capito, e se quello che avete capito è l’insegnamento Dzogchen o un altro insegnamento, avete davvero capito. Quindi non dovete crearvi problemi.  

Problemi 

Quando un essere umano decide di avere un problema, il problema cresce sempre di più, i conflitti aumentano. Ma se fin dall’inizio sapete che non ci sono conflitti, se allora qualcuno crea un problema, a voi o davanti a voi, non lo trovate interessante.  

Allo stesso modo, è molto importante che se un praticante si sente un vero praticante di Dzogchen, (allora) si sentirà come una persona seduta sulla cima di una montagna, con l’intero panorama aperto davanti a sè. Egli non ha conflitti. Se non crea un conflitto, qualcun altro che arriva e crea un conflitto non ha il potere di condizionarlo. Non c’è motivo di giudicare le persone. L’importante è osservare se stessi.  

Come disse Shantideva, “Se una certa area è piena di spine ed è molto difficile camminare attraverso quei cespugli spinosi, dovete coprire l’intero fianco della montagna per camminare lì? Non potete farlo. Come potete camminarci allora? Dovete avere suole molto spesse sotto le scarpe. Dipende, quindi, dalla persona stessa affrontare la situazione. Non potrete mai riuscire a eliminare tutti gli elementi che potrebbero disturbarvi. È più importante avere a che fare con se stessi e non essere disturbati. Quindi la cosa più importante è la consapevolezza del praticante stesso.  

Andiamo sempre in giro a criticare gli altri. In ogni situazione possiamo trovare motivi di conflitto. In questo caso è molto importante essere liberi, in modo da non trovare conflitti esternamente. E quello che sto descrivendo è soprattutto un modo di essere un praticante di Dzogchen. Non è importante dimostrare al mondo che siete un praticante di Dzogchen. Quello che ci interessa ottenere è la realizzazione e la realizzazione non viene dalla propria esibizione di qualcosa. La realizzazione non dipende da altre persone.  

Essere attivi 

Per quanto riguarda gli insegnamenti, bisogna essere estremamente attivi. Attivi significa che io stesso, la persona, partecipo. Faccio qualcosa per realizzare me stesso. Dovete capire che insegnanti e maestri hanno il loro potere e le loro capacità. Ma dovete capire anche che la capacità fondamentale degli insegnanti e dei maestri è la trasmissione. Non esiste potere maggiore della trasmissione. La trasmissione è il modo per sviluppare i propri progressi in quella pratica. Ma prima di svilupparli, bisogna avere un principio.  

Se, per esempio, parliamo di far crescere e sviluppare un fiore, questo significa che dobbiamo usare fertilizzanti, cibo per piante, acqua e così via. Significa che c’è già un fiore. Se non c’è un fiore, non c’è niente da aiutare a crescere, da coltivare. Allo stesso modo, all’inizio c’è un insegnante che ha spiegato e trasmesso oralmente, e questo è indispensabile.  

Poi, quando la persona ha trovato l’insegnamento, tocca alla persona stessa. Non è più compito del maestro. Compito del maestro è trasmettervi, farvi capire, darvi i metodi che coltiverete e svilupperete. Ma il resto, fare il resto del lavoro, è opera del discepolo.  

Il sentiero della saggezza 

Il percorso verso la realizzazione è chiamato il percorso della saggezza. Il sentiero della saggezza non ha nulla a che fare con qualcuno che riceve passivamente una benedizione. Si tratta di partecipare direttamente da sé. In un Sutra, Buddha disse: “Una persona che ha fatto sacrifici e rinuncie per tutta la sua vita di monaco, che ha onorato e rispettato tutti i buddha e bodhisattva, che ha continuamente fatto offerte, che ha sempre fatto purificazioni, prostrazioni e simili, ha accumulato grandi meriti. Ma rispetto a una persona che è nello stato di shiné per la quantità di tempo che una formica impiega a camminare dalla punta del naso al ponte del naso,” – vale a dire, per pochi secondi – “questo è centinaia di volte più importante di quell’intera vita di sacrifici”.  

Una volta che si è entrati nel sentiero della saggezza, allora si è finalmente imboccata la via della realizzazione. Il sentiero della saggezza non vuol dire un concetto mentale che dipende dall’avere buone intenzioni o dall’eseguire qualche beneficio con il corpo, la voce e la mente. Significa entrare nello stato dell’individuo così com’è. Non è solo l’insegnamento Dzogchen a dire questo, ma tutti gli insegnamenti del Buddihsmo in generale. Il loro stadio finale punta sempre, ad esempio, verso lo shiné. Questo significa che se stessi deve partecipare. Se non c’è partecipazione, nessuno può realizzare nulla.  

Quindi cos’è che comunica veramente l’insegnamento Dzogchen? Comunica che bisogna aprire gli occhi e non essere ricettori passivi, ma partecipanti attivi all’insegnamento. Dato che sono attivo, aiuto anche altre persone interessate a capire cosa comporta. Secondo me, queste sono cose molto importanti da capire.  

Originariamente pubblicato nel numero 11 di The Mirror, settembre 1991 Traduzione italiana di Enrica Rispoli