Un estratto trascritto dal Ritiro del Canto del Vajra, Hong Kong, 2012. 18 maggio, giorno 3, parte 2. Continua dal numero 169 di The Mirror.

Rinpoche cita da “Il tesoro del Veicolo Supremo” composto da Longchenpa.

།བཅིངས་མེད་རྣམ་པར་བཀྲོལ་མེད་པ།

bcing med rnam par bkrol med pa

Noi non siamo condizionati dalla normale visione dualistica e non c’è nulla da cui liberarsi. Tutto è la condizione relativa nei nostri concetti mentali. Questi versi sono legati al principio dello Dzogchen Longde.

།ཁྱབ་གདལ་ཁང་བཟངས་ཡེ་ཡོད་ཉིད། །ཁྱབ་མཉམ་པ་ལས་རྣམ་འདས་པ། །ཡངས་སོ་ཆེའོ་ནམ་མཁའི་དབྱིངས། །ཆོས་ཆེན་འབར་བ་ཉི་ཟླའི་དཀྱིལ།

khyab gdal khang bzangs ye yod nyid| khyab mnyam pa las rnam ‘das pa| yangs so che’o nam mkha’i dbyings| chos chen ‘bar ba nyi zla’i dkyil|

Questi versi spiegano metodi specifici. Nell’insegnamento Dzogchen abbiamo lo Dzogchen Yangti, lo Dzogchen Thögal e così via, che hanno a che fare in particolare con il modo in cui si manifestano le esperienze della pratica e quando comprendiamo come funziona e abbiamo la capacità di integrare, possiamo anche realizzare il corpo di arcobaleno.
L’insegnamento Dzogchen si sviluppa con quattro tipi di visioni chiamate nangwa zhi (སྣང་བ་བཞི་ snang ba bzhi). La prima visione è chönyi ngönsum (ཆོས་ཉིད་མངོན་སུམ་ chos nyid mngon sum). Ad esempio, nell’insegnamento Dzogchen, quando abbiamo una visione dei thigle, essa è considerata una manifestazione del nostro vero potenziale. Abbiamo quella conoscenza e vediamo qualcosa di concreto che rappresenta la nostra dharmatā , la nostra vera natura della mente, e questo è il punto di partenza di pratiche come il Thögal e lo Yangti.

Poi ci sono una serie di metodi di pratica chiamati nyam nang gong phel. Nyam significa esperienze delle pratiche. In generale abbiamo esperienze diverse. Ad esempio, se mangiamo cioccolato possiamo capire cosa il sapore “dolce” sia . Questa è un’esperienza ordinaria e con essa scopriamo tutto ciò che si intende per sapore dolce.

Quando pratichiamo possiamo avere lo nyam, o esperienza, della pratica, e questo è molto importante. Se stiamo praticando, ovviamente abbiamo bisogno di fare esperienze. Se c’è il fuoco, allora per indicare il fuoco c’è anche il fumo. Il fumo non è fuoco, ma indirettamente possiamo capire che dove c’è fumo c’è fuoco. Quindi uno nyam della pratica è una manifestazione dei segni della pratica, il che significa che la pratica è viva.

Possiamo avere diversi tipi di nyam. In generale ci sono nang nyam e sal nyam. Nang nyam significa che possiamo vedere qualcosa come un oggetto con i nostri occhi. Se sperimentiamo manifestazioni legate alla natura degli elementi quando stiamo coordinando la nostra energia o rinforziamo i nostri elementi, significa che abbiamo praticato a sufficienza e siamo riusciti a realizzarla. Naturalmente possiamo anche avere visioni di un aspetto del colore dell’elemento.

Lo nyam della visione non significa solo qualcosa che vediamo con i nostri occhi, ma può anche essere qualcosa che noi udiamo o di cui sentiamo l’ odore. Gli oggetti possono manifestarsi attraverso tutti i tipi di contatto con i nostri sensi. A volte, quando siamo molto rilassati e facciamo pratica in un ritiro al buio, potremmo sentire qualcuno all’esterno, o qualcuno che potrebbe suonare una melodia come quella del Canto del Vajra. In realtà non c’è nessuno, eppure possiamo sentire qualcosa. Questo è un esempio di esperienza. Se siamo al buio, potremmo sentire un profumo molto gradevole, come quello di un bel fiore dal profumo intenso. Possiamo percepirlo concretamente, non solo nella nostra immaginazione. Queste esperienze sono chiamate nang nyam e sono l egate al contatto che i nostri sensi hanno con un oggetto.

Un’altra esperienza, chiamata she nyam, è legata alla nostra mente. A volte, quando pratichiamo lo Shine, possiamo riuscire a rimanere nello stato di Shine per un periodo di tempo più lungo. E anche se rimaniamo in quello stato per ore e ore, non proviamo alcun disagio. È qualcosa di simile alla realizzazione della pratica dello Shine. E possiamo sentirci molto felici o provare una sensazione legata alla nostra chiarezza. Anche se non stiamo pensando o giudicando, qualcosa di misterioso può manifestarsi nella nostra mente, per esempio qualcosa che volevamo capire. Lo She nyam può manifestarsi in modi diversi.

Poi c’è nyam nang. Nang significa sviluppare visioni. Per esempio, quando pratichiamo il Thögal, con le cause secondarie fissiamo lo sguardo sui raggi del sole e facendo la visualizzazione dei thigle, allora possono apparire molti thigle, e all’interno di questi thigle possono apparire anche manifestazioni del Sambogakaya. Se ne sviluppano molti tipi diversi uno dopo l’altro, incrementando diversi tipi di visioni come le visioni pure. Questo è chiamato lo stato di nyam nang gong phel, un periodo della nostra pratica in cui le visioni appaiono ovunque senza alcuno sforzo. Questa è la seconda fase.

La terza fase è chiamata rigpa tsepheb. Rigpa è lo stato che abbiamo scoperto, non solo lo stato del Guruyoga o lo stato di contemplazione. Tsepheb significa maturare nella dimensione dello stato del rigpa. Ci troviamo in questo maturato stato del rigpa, del kadag e lhundrub in cui tutte le qualità auto-perfezionate sono compiute, senza più bisogno di sviluppare la visione, di vedere o udire qualcosa. Siamo totalmente maturati nello stato di integrazione in cui non c’è nessun soggetto o oggetto. Questo è chiamato lo stato di rigpa tsepheb.

Fino a questo punto potremmo aver avuto molte visioni, pensando che la nostra pratica si stia sviluppando. Tuttavia, invece di svilupparsi, ora sta scomparendo perché si è integrata. Nell’insegnamento Dzogchen la cosa più importante è essere in grado di integrare. Molte persone ritengono che sia molto difficile integrare tutto in modo perfetto perché viviamo nella nostra visione dualistica. Sappiamo che tutto è irreale, proprio come disse il Buddha: tutto è come un sogno. In un sogno possiamo vedere, possiamo toccare, possiamo fare tutto, ma sappiamo che quando ci svegliamo, nulla di concreto di quel sogno esiste. Quando abbiamo questa consapevolezza, anche se non riusciamo a considerare tutto come non duale, ci stiamo muovendo nella direzione dell’integrazione, quindi dovremmo andare avanti in questo modo e progredire gradualmente. Quando abbiamo sviluppato e realizzato [la nostra pratica], allora possiamo integrare tutto.

Ad esempio, quando pratichiamo Namkha Arted – dove namkha significa spazio, il nostro spazio interiore e lo spazio esterno – noi guardiamo nello spazio esterno, nel vuoto. In quel momento non stiamo facendo alcuna visualizzazione, ma stiamo cercando di essere nella presenza istantanea. Quando siamo nella presenza istantanea non abbiamo alcuna considerazione dell’esterno e dell’interno ed è facile integrarsi con lo spazio interno ed esterno perché lo spazio è una dimensione, non c’è nulla di concreto. Nella nostra dimensione, invece, tutto è concreto a livello relativo, quindi non è facile integrare con successo. Tuttavia, quando conosciamo la nostra vera natura e siamo nella nostra vera natura, ciò che vediamo è già governato da quella conoscenza. Dovremmo quindi integrare e progredire in quel modo. Questa fase è chiamata “rigpa tsepheb”, la terza fase.

Quando ci riusciamo, si chiama chösed: chö significa dharma, sed significa consumare, quindi significa che tutti i fenomeni relativi alla nostra mente [sono stati consumati]. Non siamo più nella mente. Siamo totalmente integrati nello stato della natura della mente. Quando siamo in quella quarta fase, imparando e studiando i metodi dello Dzogchen Thögal e Yangti, allora siamo nell’ultima fase. Anche se non riusciamo a far la pratica, non finiamo, siamo solo appena arrivati a questo quarto livello, quando moriamo possiamo manifestare il corpo di arcobaleno.

Quando andando oltre il semplice raggiungimento di questo quarto livello anche si riesce a completarlo in termini di spiegazione, metodo, tutto, non c’è più la morte, proprio come nella storia di Guru Padmasambhava e Vimalamitra, perché la nostra esistenza, il nostro livello fisico è già dissolto nella nostra visione del Thögal. È totalmente integrato e gradualmente il nostro corpo fisico scompare per le persone comuni. Questo è chiamato jalü phowa chenpo, il grande trasferimento. Questa è la realizzazione finale, in particolare in metodi come lo Dzogchen Yangti e lo Dzogchen Thögal.

Quando spiego, ad esempio, i quattro Nangwa, non dovete pensare che vi stia insegnando il Thögal. Alcuni potrebbero pensare di aver ricevuto le istruzioni del Thögal. Quando dico che dovete integrare e voi andate a fare qualcosa a modo vostro e fingete di praticare il Thögal, questo non è Thögal, questo non è Yangti. Quando seguite seriamente, ci sono istruzioni molto precise relative a corpo, voce e mente e a come progredire passo dopo passo. Questi tipi di pratiche sono strettamente legati alle esperienze della visione e così via. Qui viene spiegato più o meno questo significato.

།ཁྱབ་གདལ་ཁང་བཟངས་ཡེ་ཡོད་ཉིད།

khyab gdal khang bzangs ye yod nyid|

Significa la condizione perfezionata di tutte le qualità che possediamo.

ཡེ་ཡོད་ཉིད།

ye yod nyid|

Questo termine tibetano significa che possediamo questa [condizione perfezionata] sin dall’inizio, non che la pratichiamo per svilupparla.

།ཁྱབ་མཉམ་པ་ལས་རྣམ་འདས་པ།

khyab mnyam pa las rnam ‘das pa|

Khyab nyam significa che il solo fatto di trovarsi in quello stato è perfetto, senza bisogno di cambiare o modificare nulla. Dobbiamo solo sapere come continuare in quello stato.

།ཡངས་སོ་ཆེའོ་ནམ་མཁའི་དབྱིངས།

yangs so che’o nam mkha’i dbyings

Questa condizione perfetta è ovunque e totale, namkhai ying, proprio come la dimensione dello spazio.

།ཆོས་ཆེན་འབར་བ་ཉི་ཟླའི་དཀྱིལ།

chos chen ‘bar ba nyi zla’i dkyil|

Ciò significa che la natura di tutti i fenomeni è saggezza, luminosità, proprio come la luce del sole e della luna. Quando cantiamo SŪRYABHATARAIPASHANAPA, il significato è questo.

Poi abbiamo i versi successivi.

།ལྷུན་གྱིས་གྲུབ་དང་མངོན་སུམ་པ། །རྡོ་རྗེ་རི་བོ་པདྨ་ཆེ། །ཉི་མ་སེང་གེ་ཡེ་ཤེས་གླུ། །སྒྲ་ཆེན་རོལ་མོ་མཚུངས་པ་མེད།

lhun gyis grub dang mngon sum pa| rdo rje ri bo padma che| nyi ma seng ge ye shes glu| sgra chen rol mo mtshungs pa med|

Questi sono esempi per comprendere la condizione dello stato dello Dzogchen, anche se non esiste un esempio che corrisponda totalmente. Tuttavia, esistono molti esempi che lo descrivono parzialmente.

།རྡོ་རྗེ་རི་བོ་པདྨ་ཆེ། །ཉི་མ་སེང་གེ་ཡེ་ཤེས་གླུ།

rdo rje ri bo padma che| nyi ma seng ge ye shes glu|

རྡོ་རྗེ་ dorje, vajra: la sua vera natura, la sua condizione, è proprio come una (རི་བོ་ riwo) montagna, come un (པདྨ་ཆེ། padma che) fiore di loto, il che significa che non ha difetti, è puro sin dall’inizio. ཉི་མ་ nyima significa come la luce del sole,སེང་གེ་ senge significa leone, un esempio del più potente di tutti gli animali.

ཡེ་ཤེས་གླུ།

ye shes glu|

ཡེ་ཤེས་ yeshe significa la qualità e la quantità della saggezza. གླུ་ lu significa suono, diversi tipi di suoni melodici, che consideriamo essere importanti. La danza e i suoni sono sempre legati alle nostre diverse emozioni: ad esempio, siamo molto felici quando cantiamo o balliamo. Possiamo anche integrarci in quello stato.

།སྒྲ་ཆེན་རོལ་མོ་མཚུངས་པ་མེད།

sgra chen rol mo mtshungs pa med|

Il suono è la natura di tutte le manifestazioni. Rolmo significa che non c’è nulla di perfettamente simile a nessun tipo di musica o strumento musicale. I tantra forniscono esempi di come è lo stato primordiale, spiegando che è simile a questo o quello.

།ནམ་མཁའི་མཐའ་ལ་ལོངས་སྤྱོད་པ། །སངས་རྒྱས་སངས་རྒྱས་ཀུན་མཉམ་ཞིང༌། །ཀུན་བཟངས་ཡངས་པ་ཆོས་ཀྱི་རྩེ། །མཁའ་དབྱིངས་བཟང་མོའི་དབྱིངས་རུམ་དུ། །ཀློང་གསལ་ལྷུན་གྲུབ་ཡེ་རྫོགས་ཆེ།

nam mkha’i mtha’ la longs spyod pa| sangs rgyas sangs rgyas kun mnyam zhing| kun bzang yangs pa chos kyi rtse| mkha’ dbyings bzang mo’i dbyings rum du| klong gsal lhun grub ye rdzogs che

Nel Canto del Vajra troviamo questi versi:

GHURAGHŪRĀSAGHAKHARṆALAM
NARANĀRĀITHAPAṬALAM
SIRṆASĪRṆĀBHESARASPALAM
BHUNDHABHŪNDHĀCHISHASAKELAM

Essi spiegano come possiamo trovare tutto nello stato dello Dzogchen. Se siamo nello stato dello Dzogchen, possiamo integrarci in qualsiasi circostanza, in qualsiasi condizione, perché esse sono [tutte] collegate alla condizione [dello Dzogchen].

།ནམ་མཁའི་མཐའ་ལ་ལོངས་སྤྱོད་པ།

nam mkha’i mtha’ la longs spyod pa|

Nella dimensione dello spazio esistono infinite manifestazioni, e anche se esistono infinite manifestazioni, possiamo comunque integrarci infinitamente in quello stato.

།སངས་རྒྱས་སངས་རྒྱས་ཀུན་མཉམ་ཞིང༌།

sangs rgyas sangs rgyas kun mnyam zhing|

Sebbene possiamo considerare che ora siamo illuminati, o che ora siamo nel samsara, siamo anche al di là di tutto ciò.

།ཀུན་བཟང་ཡངས་པ་ཆོས་ཀྱི་རྩེ།

kun bzang yangs pa chos kyi rtse|

Essere totalmente presenti nella dimensione infinita di Samantabhadra è il più alto stato di esistenza che possiamo raggiungere.

།མཁའ་དབྱིངས་བཟང་མོའི་དབྱིངས་རུམ་དུ།

mkha’ dbyings bzang mo’i dbyings rum du|

La dimensione di Samantabhadri significa la dimensione del vuoto. Ad esempio, la yum si manifesta come la dimensione del vuoto. Samantabhadri è ciò che si manifesta in quella dimensione. Quindi abbiamo infinite considerazioni di tutti i dharma, di tutti i fenomeni, come anche come delle visioni pure nella dimensione pura. Tutti sono in questa dimensione [di Samantabhadri].

།ཀློང་གསལ་ལྷུན་གྲུབ་ཡེ་རྫོགས་ཆེ་ཧོ།

klong gsal lhun grub ye rdzogs che ho

In questa dimensione della condizione naturale, la condizione auto-perfezionata, tutto è perfezionato. Questo è il significato del Canto del Vajra.

Ma dovremmo imparare il Canto del Vajra in modo diverso, non solo le parole. Sappiamo che il Canto del Vajra è come una chiave per tutti gli insegnamenti Dzogchen. Allora perché abbiamo le tre serie nello Dzogchen? Innanzitutto c’è lo Dzogchen Semde, dove sem significa mente. Quando entriamo nella sua vera natura allora diciamo semnyid, cioè dharmatā, come è la vera natura della nostra mente. Quando diciamo sem corrisponde ad entrambi [i significati].

Dalla mente alla natura della mente stiamo entrando in quello stato. Questa serie di insegnamenti Dzogchen Semde è correlata al primo testamento di Garab Dorje: l’introduzione diretta. Per avere un’introduzione diretta utilizziamo molti tipi di metodi ed esperienze. A volte non riceviamo quella conoscenza, in particolare se viviamo molto con i nostri concetti mentali. Quando ascoltiamo ciò che dice il maestro, pensiamo “prima ha detto questo, poi quello” e così via, costruendo qualcosa nella nostra mente, questo potrebbe non funzionare in modo pratico e per questo motivo a volte non è facile per noi entrare nella nostra vera natura. Le pratiche Dzogchen Semde funzionano molto bene per scoprire la nostra vera natura.

In Tibet abbiamo molti maestri importanti, ma essi trasmettono insegnamenti come la serie Longchen Nyingthig di Minling Trichen. Dicono sempre che questa è l’essenza stessa dell’insegnamento Dzogchen. È vero che questa è l’essenza, ma non ci sono molti dettagli su come lavorare con l’introduzione diretta, ad esempio in relazione allo Dzogchen Upadesha. La serie Upadesha è più collegata all’ultimo testamento di Garab Dorje, una volta che abbiamo già scoperto la nostra vera natura.

Cosa è importante? È importante integrare lo stato in cui ci troviamo in ogni momento. Questo è un metodo
Upadesha. Alcune persone rimangono con le loro idee intellettuali. Ad esempio, quando ho iniziato a dare insegnamenti Dzogchen in Italia, ho iniziato con un insegnamento Upadesha, un insegnamento terma di Jamyang Khyentse Wangpo chiamato Chetsün Nyingthig. Le persone che hanno seguito questo insegnamento hanno pensato che fosse molto bello e di averlo compreso. Ho dato questo insegnamento per due anni, non solo in Italia ma anche in altri luoghi. Più tardi ho scoperto che la maggior parte delle persone aveva solo un’idea, una sorta di fantasia al riguardo, e mi sono chiesto cosa avrei dovuto fare.

Allora ho pensato che avrei dovuto insegnare lo Dzogchen Semde perché sapevo che i tre testamenti di Garab Dorje sono correlati alle tre serie di insegnamenti Dzogchen. Tuttavia, per me era complicato perché avevo ricevuto la trasmissione, l’iniziazione e le istruzioni in un modo più tradizionale. Tradizionale non significa che ci venivano date istruzioni, per praticarle sviluppando gradualmente la nostra comprensione. Così ho studiato a lungo le istruzioni sullo Dzogchen Semde perché volevo insegnarlo ai miei studenti. Ho imparato abbastanza e poi abbiamo iniziato. Abbiamo fatto due o tre ritiri e sono diventato un po’ un esperto del metodo Dzogchen Semde e ho anche scoperto che i miei studenti stavano iniziando ad avere una conoscenza concreta dell’insegnamento Dzogchen. Questo è un esempio di quanto sia importante lo Dzogchen Semde.

Poi abbiamo lo Dzogchen Longde, che è collegato al secondo testamento di Garab Dorje, non rimanere in dubbio, usando metodi specifici. Ricorderete che quando abbiamo fatto l’introduzione diretta abbiamo usato solo l’esperienza del vuoto per scoprire la nostra presenza istantanea. Tuttavia, possiamo farlo anche con le esperienze della chiarezza e della sensazione. Nel metodo Dzogchen Longde, una volta ricevuta la trasmissione, c’è un metodo in cui usiamo tutte e tre queste esperienze nello stesso momento. Questo stato è chiamato stato di yermed, il che significa che in quel momento non siamo più in dubbio, scopriamo qual è realmente lo stato primordiale del rigpa e cosa è solo un’esperienza. L’esperienza del vuoto e l’esperienza della chiarezza sono diverse. Ma quando siamo nella presenza istantanea, è la stessa presenza istantanea, non possiamo dire “questa presenza istantanea è legata al vuoto” o “questa presenza istantanea è legata alla sensazione”. Quando abbiamo tutte queste esperienze insieme e lo scopriamo, questo è chiamato la serie Dzogchen Longde.

Poi abbiamo lo Dzogchen Upadesha, che integra gradualmente ciò che abbiamo imparato. All’inizio, quando siamo in uno stato di contemplazione, quando sorge qualsiasi tipo di pensiero non lo inseguiamo, non ne siamo condizionati, e anche se notiamo che c’è un pensiero, lo osserviamo, ci rilassiamo in quello stato e il pensiero scompare. Il pensiero si libera da solo e noi andiamo avanti in questo modo. È così che iniziamo. Ad esempio, c’è quello che viene chiamato shardrol, che significa che quando sorge un pensiero lo notiamo, lo osserviamo, ci rilassiamo ed esso scompare. Se non siamo immediatamente auto-liberati quando notiamo [un pensiero], potremmo aver bisogno di un piccolo sforzo per osservarlo con forza, come una fissazione, al fine di notare pienamente il sorgere del pensiero. Quando ci rilassiamo, allora scompare. Questo si chiama cherdrol [auto-liberazione attraverso la semplice attenzione]. Nel rangdrol, quando sorge un pensiero semplicemente non lo inseguiamo e siamo auto-liberati.

Quando iniziamo a praticare lo Dzogchen giorno dopo giorno, cerchiamo di continuare nello stato del Guruyoga per acquisirne maggiore familiarità. Alla fine non occorre molto sforzo per rimanere in quello stato.

A cura di L. Granger.
Revisione finale di Susan Schwarz.
Tibetano e Wylie a cura del Prof. Fabian Sanders.