di Zeljka Jovanovic
Dopo il mio passaggio al nirvana.
Nella terra occidentale di Oddiyana,
la divina signora di Dhanakosa partorirà un figlio senza padre, Vajra-He,
che sosterrà l’insegnamento autentico.– Il Tantra radice del Dratalgyur (sgra thal’ gyur)
C’era una volta un’isola chiamata Dhanakosa a Oddiyana, nell’India occidentale, che era abitata esclusivamente da creature chiamate “kosa”, che avevano corpo da uomo, faccia da orso e artigli di ferro. Quest’isola era circondata da molti alberi meravigliosi, tra cui il sandalo. Per questo motivo, si dice che fosse chiamata Dhanakosa (Tesoro della Ricchezza). A Dhanakosa c’era un grande tempio chiamato Sabkarakuta, circondato da seimilaottocento piccoli templi. Era un luogo perfettamente dotato di splendore e ricchezza.
Su quest’isola c’era un re chiamato Uparaja e la sua regina Alokabhasvati. La loro figlia Sudharma era stata ordinata monaca e viveva in una minuscola casetta di paglia su un’isola coperta di sabbia dorata, dove praticava yoga e meditazione. Una notte sognò un uomo bianco che le pose sul capo un vaso di cristallo con le sillabe OM A HUM SVAHA. Poco dopo diede alla luce un figlio. Essendo una monaca pura, era così sconvolta e si vergognava al punto che gettò il bambino in una fossa di cenere e cantò in preda all’angoscia:
A quale razza appartiene questo bambino senza padre?
È forse diverso da un comune demone?
È un diavolo? Brahma? O qualcos’altro?
Tre giorni dopo trovò il bambino sano, che giocava felicemente con la cenere. Era convinta che il bambino fosse un’incarnazione. Lo portò a palazzo e gli fece il bagno. Molte dakini apparvero e fecero offerte al bambino prodigio. In modo spontaneo e senza imparare, il bambino recitava i Tantra essenziali attraverso la sua chiarezza.
All’età di sette anni, chiese più volte e infine convinse la madre a lasciarlo discutere con cinquecento pandita eruditi e, sconfiggendoli tutti, li istruì sullo Dzogchen. I pandit gli diedero il nome di Prajnabhava (Colui il cui essere è Saggezza). Il re ne fu così soddisfatto che chiamò il ragazzo Garab Dorje (Vajra Gioioso, o Gioia Immutabile); poiché sua madre lo aveva gettato nella cenere, era conosciuto anche come Rolang Dewa (Sukha lo “zombie”) e Rolang Thaldog (Zombie delle Ceneri).
In seguito, Garab Dorje si recò su una montagna chiamata “Dove Sorge il Sole” e sul terrificante precipizio chiamato Surjaprakasha, dove gli spiriti del terrore si aggiravano ovunque, trascorse i successivi trentadue anni vivendo in una piccola capanna e praticando la meditazione. Durante questo periodo, in una visione, ricevette da Vajrasattva tutti i testi e le istruzioni orali complete di 6.400.000 versi Dzogchen.
Garab Dorje aveva molti poteri, come la capacità di camminare attraverso le rocce, la pietra e l’acqua. Molte persone lo videro circondato dalla luce e furono ispirate ad avere fede e devozione. Garab Dorje attirò molti discepoli, tra cui i pretas e le dakini, oltre a molti studiosi.
Poi, sulla cima del Monte Malaya, insieme a tre dakini (Vajradhatu, Pitasankara e Anantaguna), trascorse tre anni a trascrivere gli insegnamenti dello Dzogchen. In un’occasione, Garab Dorje si recò con una figlia spirituale di Rahula, dotata di poteri psichici, al grande campo di cremazione Sitavana, vicino a Vajrasana (Bodhgaya), e insegnò a molte dakini temibili e a esseri selvaggi.
A quel tempo, Manjushrimitra ebbe una visione di Manjushri, che gli fece la seguente profezia: “Se vuoi ottenere la Buddità, vai al campo di cremazione Sitavana”. Egli vi si recò, naturalmente, e trascorse i successivi settantacinque anni studiando con Garab Dorje. Dopo aver trasmesso tutte le istruzioni e i consigli a Manjushrimitra, il maestro entrò nel nirvana. Prima di dissolvere il suo corpo nel Corpo di Luce, Garab Dorje lasciò il suo “Testamento Finale”. Si dice che uno scrigno d’oro grande come un’unghia cadde nella mano di Manjushrimitra. Conteneva il famoso “Tsik sum ne du” (tshig gsum gnad du breg pa), i “Tre principi che Penetrano l’Essenza”: l’introduzione diretta, il non rimanere nel dubbio e il continuare nello stato, che è l’essenza dell’insegnamento Dzogchen.
Garab Dorje apparve anche a Vairocana nel luogo di cremazione chiamato “Luogo del fumo” (du ba’i gnos) e gli rivelò 6.400.000 versi dello Dzogchen. In seguito, Manjushrimitra divise i 6.400.000 versi della Grande Perfezione in tre serie: Semde, Longde e Mennagde. Manjushrimitra, il principale discepolo di Garab Dorje, insegnò a molti praticanti, a innumerevoli animali e alle “brutte dakini” e rimase in contemplazione per centonove anni.
Fonti: Il cristallo e la via della luce, Namkhai Norbu Rinpoche;
La scuola Nyingma del buddismo tibetano, Dudjom Rinpoche;
Lo specchio di cristallo, vol. V;
Rise of Esoteric Buddhism in Tibet, Eva M. Dargyay;
NB: I termini “Sukha lo zombie” e “Ashen Zombie” sono stati presi dalla fonte di Dudjom Rinpoche.
Ristampato dal numero 46 di The Mirror, settembre-ottobre 1998.
Zeljka Jovanovic è nata e cresciuta a Belgrado, nell’attuale Serbia. In giovane età ha viaggiato in Oriente e ha trascorso diversi anni in ritiro, studiando con diversi maestri tibetani tra cui il famoso Chatral Rinpoche. Tornata in Europa è diventata allieva di Chögyal Namkhai Norbu e ha seguito i suoi insegnamenti fino alla sua prematura scomparsa nel 2011. Ha tradotto più di venti libri di Rinpoche in serbo-croato ed è stata una dei venticinque praticanti che studiavano per il quarto livello del Santi Maha Sangha, ha fatto milioni di mantra e molti ritiri personali, cercando di integrare la pratica con la sua vita quotidiana, crescendo tre figli da sola. Traduzione italiana di Paola Zingali